Grognards
martedì 19 marzo 2024
Gianluca Signorini
Il 17 marzo del 1960 nasceva Gianluca #Signorini, il difensore del #Genoa avrebbe compiuto 64 anni ❤️
"Quella sera, contro il Liverpool, Signorini disputò una partita formidabile. Di testa le prendeva tutte, ma proprio tutte. Gli inglesi crossavano e lui, bum, respingeva. Un capitano vero a difesa del nostro fortino. Ma attenzione! Signorini non era soltanto colpo di testa e presenza fisica: aveva carisma, leadership, e sapeva giocare a calcio. Bagnoli lo utilizzava come primo regista: 'Se vedi che c’è la possibilità, metti la palla alta su Skuhravy'. E Gianluca serviva il pallone con precisione".
Le parole di Fulvio Collovati per il suo ex compagno e grande amico Gianluca Signorini. Uno dei liberi italiani più forti degli anni 90, icona del calcio rossoblù col suo pugno alzato al cielo. Semplicemente il capitano, con la sua maglia numero sei, per sempre.
SerieA Remind
OSCAR DERTYCIA
"E quell'anno cos'è successo?" "E' successo che ho perso i capelli" "...tutti?" "Tutti." "Stress?" "Stress." Si passò una mano sulla testa, massaggiò: come se fosse una vecchia lampada, ma Aladino non si fece vedere. Buttò giù un bicchiere di chica, "la birra degli dei" aveva detto il barista, si guardò attorno con la serenità di chi ha passato il peggio, fece un cenno all'amico che cazzeggiava con lui, si alzò e si lasciò alle spalle la splendida Plaza de Armas, a Trujillo, in Perù. I peruviani la chiamano la città dell'eterna primavera e lui era qui per quello, a quasi 40 anni, per vivere un'altra primavera con la squadra dello Sport Coopsol de Trujillo. "Ma a Firenze come ti sei trovato?" "Mmm..." Fiorentina, stagione 1989/90. I conti Pontello acquistano il centravanti argentino Oscar Alberto Dertycia. Ha 24 anni, gioca nell'Argentinos Juniors, ha fatto 22 gol, è un attaccante emergente: forte, rapido, sveglio in area. E' l'ultima stagione di Baggio alla Viola: poi sarebbero arrivati i Mondiali '90, poi la Juve, poi altra storia. Baggio doveva fare gli assist, Dertycia i gol. Baggio fece gli assist, ma Dertycia non fece i gol. A dire il vero ne fece due, in un 5-1 contro l'Ascoli. Però s'infortunò gravemente e fu sin troppo facile prenderlo come un segnale. Da allora s'intristì e l'ansia lo divorò. Perse i capelli, lui che avrebbe potuto fare da testimonial per uno shampoo. Prima poco alla volta, poi tutti. Si fece visitare, ma tutti gli dissero che era alopecia nervosa. Colpa dello stress. Colpa di un'infortunio. Colpa di una stagione sbagliata. "E poi cosa è successo?" chiese l'amico. "E' successo che son venuto via dall'Italia" rispose Oscar Alberto Dertycia, che perse tutti i capelli ed un'occasione, una sola.
lunedì 18 marzo 2024
Sono 48 oggi. Tanti Auguri Chino.
"Oserò qui esporre che cosa prescriva la più grande, la più importante, la più preziosa regola di tutta l'educazione? Non già di guadagnare tempo, ma di perderne"
Emil Cioran
I difetti sono sottovalutati non credete? Siamo schiavi dell'iperattività, dell'efficienza, dei risultati, del successo. Poi invece ecco che uno ripensa a lui, in quel campo, alla libertà che ha incarnato, anche nei modi più irritanti ed estremi. La prova che non tutto è quantificabile o forse non deve esserlo, che l'operosità è spesso la scelta più onorevole ma non quella giusta. Dipende da dove la si guarda. Álvaro Recoba io ancora oggi penso dovesse avere un mirino infrarossi al posto del piede sinistro, perché quello che gli ho visto fare in campo a questo uruguagio dai lineamenti orientali, non l'ho più visto fare a nessuno. Ancora oggi, quando ne riguardo i gol, le serpentine, i tiri da 30-40 metri, le punizioni, i cross al bacio, non mi spiego come stracazzo facesse quest'uomo, dal fisico di ragioniere che fa jogging solo per non stare a casa dalla moglie, a fare ciò che faceva.
Chiesero una volta ad Hector Cuper se fosse un'ala. "No" rispose l'hombre vertical. Forse una seconda punta? "No". Magari un centrocampista regista..."No". Scusi Mister, ma allora che è?
"E' un giocatore a tutto campo". Ah ecco. Lui lo era sul serio. Lo trovavi a destra, a sinistra, in mezzo, davanti al centrocampo, nell'area...non aveva una collocazione precisa, non aveva un ruolo preciso, non poteva averlo perché lui non era come gli altri.
Lui era Álvaro Alexander Recoba Rivero, detto El Chino, erede di quegli indios che noi occidentali riducemmo in cenere. Ed era diverso da ogni altra cosa si fosse vista fino a quel giorno. Un talento immane, la tecnica fatta giocatore, una fantasia che a volte rasentava l'incredulità, sembrava uscito da Holly e Benji perché solo in quel cartone avevamo visto tiri del genere, slalom tra difensori o giocate così pazzesche, che forse qualcuno alla console sarà riuscito ad eguagliare...non lo so.
Il suo piede sinistro lo metto tranquillamente tra i migliori 5 della storia, in questa classifica lui per me se la gioca con Diego Maradona, Leo Messi, Mariolino Corso, Roberto Carlos e Puskás Ferenc. Con quel piede sapeva scatenare tempeste e cucire ricami di una delicatezza infinita. Ma è anche vero che ha avuto una carriera incredibilmente inferiore a ciò che poteva essere. Luís Filipe Madeira Caeiro Figo, uno dei giocatori più forti degli ultimi decenni, una volta disse: "se avessi avuto il sinistro di Recoba avrei vinto 3 Palloni d'oro". Lui poteva vincerli...perché non è successo è un mistero. Perché per Alvaro il calcio era piacere, non sacrificio, era intuizione non logica, era improvvisazione non meticolosa preparazione e di certo non era quell'impegno quotidiano che porta alla strada della continuità. Perché è accaduto? Perché non è diventato quello che poteva essere? Uno che a confronto Neymar Jr. sarebbe parso un principiante discolo e basta?
Forse perché sapeva, fin da piccolo, di poter fare ciò che gli altri si sognavano, perché quando nasci con un dono, quando pare che Dio ti abbia dato perché gli girava l'arte di fare ciò che vuoi con un pallone, quando capisci che tu puoi fare senza fatica ciò che gli altri forse faranno una volta dopo litri di sudore, beh...chi te lo fa fare di stare a dieta, di correre e fare pesi? Di non fare serata? La realtà è che lui era semplicemente così, era il suo modo di sentirsi sé stesso, sentirsi libero, non diventare anche lui schiavo di gol, sponsor, contratti, immagine e dei sogni degli altri. Il suo essere distante dall'ovvia ambizione che noi pensavamo (pensiamo ancora oggi) di potergli rinfacciare, lo ha reso ad un tempo più grande e più piccolo di tutti gli altri. Vi era vanità in tutto ciò? Certamente. Anche narcisismo ed egoismo.
Ma che forse credete che tanti assi che abbiamo avuto e continuiamo ad avere nel pallone, facessero e facciano ciò che vediamo in campo per la squadra? No, solo per sé stessi. Pure lui. Solo in modo diverso. La malinconia, la meraviglia, intatto l'incanto di ciò che faceva in campo, per quanto discontinuo, imprevedibile, non comprensibile fino in fondo sia stato il suo vissuto di giocatore che tra Venezia FC, Club Nacional de Football, Inter, AUF - Selección Uruguaya de Fútbol sapeva farti irritare e disperare così come stupire e gioire. Ancora oggi fa discutere. Hanno scritto che Diego Armando Maradona. la grande anima india, meticcia e sovrannaturale di quel Sud America di pallone e poesia, è stato un Dio Pagano. Lui, Álvaro 'Chino' Recoba di Montevideo no. Lui è stato un Dio Pigro. Ma sempre un Dio.
Sono 48 oggi. Tanti Auguri Chino.
Il Dio Pigro del calcio.
La falsità e l'ipocrisia in un solo scatto
La foto è del 13 marzo 2024, Meloni ha incontrato alcuni bambini ricoverati nella struttura e provenienti da Gaza