martedì 17 gennaio 2012

Bukovsky e le sue verità. I rischi per l'Europa.


Eravamo da sempre il Paese più europeista. Fino a un anno fa. In dodici mesi la fiducia degli italiani nell’Unione europea è precipitata. Secondo l’ultimo rilevamento dell’Ipsos ha perso addirittura 21 punti percentuali (passando dal 74 per cento al 53).
Un crollo che dovrebbe far riflettere i politici e soprattutto le tecnocrazie europee a cui gli italiani sono sempre più ostili.
Anche perché il crollo della fiducia degli italiani non è un fatto emotivo passeggero, né uno stato d’animo superficiale. Al contrario. Il loro europeismo era a prova di bomba.
Hanno accettato di fare sacrifici per entrare nella moneta unica, hanno accettato perfino di farsi spennare da un cambio lira/euro estremamente penalizzante e poi hanno subito – senza fiatare – il sostanziale raddoppio di tutti i prezzi con l’inizio dell’euro (un impoverimento di massa).
La loro fiducia è crollata solo davanti alla scoperta che la sospirata “moneta unica” – che tanto ci era costata – realizzata in quel modo (senza una banca centrale e un governo come referenti ultimi) era una trovata assurda e fallimentare di tecnocrazie incompetenti e arroganti.
Grazie a questo incredibile esperimento, l’Italia – un Paese solvibilissimo e che ha la sesta economia del pianeta – sta ora rischiando il fallimento (del tutto ingiustificato visti i suoi fondamentali).
Quello che gli italiani ignorano è che tale disastro era stato previsto. E pure che la china antidemocratica che l’Ue sta imboccando da venti anni a questa parte era evidente ed era stata denunciata.  
L’affievolimento della democrazia e dei diritti individuali, la dittatura del “politically correct”, è qualcosa a cui purtroppo facciamo meno caso – come si vede in queste settimane in Italia – ma è perfino più grave del fallimento politico ed economico della Ue.
Una delle voci nel deserto che videro in anticipo è quella di un eroico dissidente russo, Vladimir Bukovsky, uno così temerario e indomabile che già a venti anni era inviso al regime comunista sovietico il quale lo rinchiuse nei manicomi politici e nel gulag, torturandolo (infine – pur di disfarsene – lo cacciò via nel 1976 in cambio della liberazione in Cile del leader comunista Luis Corvalan).
Ebbene, Bukovsky, in una conferenza nell’ottobre del 2000, riportata di recente su “Italia oggi”, se n’era uscito con affermazioni che sembrarono allora esagerate, che forse lo sono, ma che – alla luce degli ultimi eventi – rischiano di essere semplicemente profetiche.
Non mi riferisco solo a eventi come il commissariamento dell’Italia e della Grecia e il tentato commissariamento (in corso) dell’Ungheria, ma anche alle cessioni di sovranità dei diversi stati mai sottoposte ai referendum popolari o alle “bocciature” di tali cessioni (nei referendum o nei parlamenti) che sono state sostanzialmente ignorate.
Per quasi 50 anni” disse Bukovsky “abbiamo vissuto un grande pericolo sotto dell’Unione Sovietica, un paese aggressore che voleva imporre il suo modello politico a tutto il mondo. Diverse volte nella mia vita ho visto per puro miracolo sventare il sogno dell’Urss. Poi abbiamo visto la bestia contorcersi e morire davanti ai nostri occhi. Ma invece di esserne felici, siamo andati a crearci un altro mostro. Questo nuovo mostro è straordinariamente simile a quello che abbiamo appena seppellito”.
Si riferiva all’Unione europea. Argomentava:
“Chi governava l’Urss? Quindici persone, non elette, che si sceglievano fra di loro. Chi governa l’Ue? Venti persone non elette che si scelgono fra di loro”.
Bisogna riconoscere che oggi abbiamo addirittura governi non eletti (come quello italiano) con un programma dettato dalla Bce.
Diceva ancora Bukovsky:
“Come fu creata l’Urss? Soprattutto con la forza militare, ma anche costringendo le repubbliche a unirsi con la minaccia finanziaria, facendo loro paura economicamente. Come si sta creando l’Ue? Costringendo le repubbliche a unirsi con la minaccia finanziaria, facendo loro paura economicamente. Per la politica ufficiale dell’Urss le nazioni non esistevano, esistevano solo i ‘cittadini sovietici’. L’Ue non vuole le nazioni, vuole solo i cosiddetti ‘europei’. In teoria, ogni repubblica dell’Urss aveva il diritto di secessione. In pratica, non esisteva alcuna procedura che consentisse di uscirne. Nessuno ha mai detto che non si può uscire dall’Europa. Ma se qualcuno dovesse cercare di uscirne, troverà che non è prevista nessuna procedura”.
Bukovsky arrivava fino a giudizi pesantissimi, sicuramente esagerati, ma chi ha subito ciò che lui ha subito in difesa della libertà di coscienza ha tutto il diritto di essere ipersensibile a ogni violazione della libertà di pensiero e dei diritti individuali:
“L’Urss aveva i gulag. L’Ue” aggiungeva Bukovsky “non ha dei gulag che si vedono, non c’è una persecuzione tangibile. Ma nonostante l’ideologia della sinistra di oggi sia ‘soft’, l’effetto è lo stesso: ci sono i gulag intellettuali. Gli oppositori sono completamente isolati e marchiati come degli intoccabili sociali. Sono messi a tacere, gli si impedisce di pubblicare, di fare carriera universitaria ecc. Questo è il loro modo di trattare con i dissidenti”.  
Un’esagerazione certamente, ma è la sua stessa vicenda personale a far riflettere sulla libertà del pensiero e della cultura in Europa occidentale.
Quanti in Italia conoscono Vladimir Bukovsky, il leggendario dissidente, l’eroico difensore della libertà di coscienza?
Eravamo pochissimi isolati che nei primi anni Settanta ne seguivamo le peripezie (nei manicomi politici e nei lager): i miei coetanei – specie quelli che oggi pontificano dai giornali come giornalisti, opinionisti e intellettuali – avevano come loro mito i vari Mao, Fidel Castro e perfino Stalin.
Oggi molti di loro – dopo essersi autoassolti – impartiscono lezioni di liberaldemocrazia dai mass media, ma senza mai aver fatto un vero “mea culpa”, infatti continuano a cantare in coro. E continuano ad avere in gran dispetto le voci libere come Bukovsky.
Il motivo semplice. Perché mette sotto accusa le élite culturali europee (e anche quelle politiche). Perché è un uomo che – dopo aver sfidato il Kgb e la cappa di piombo del regime sovietico – ha sfidato la cappa di piombo del conformismo “politically correct” occidentale.
E’ uno che nei suoi libri scrive: “Il comunismo è una malattia della cultura e dell’intelletto… Le élite occidentali penso non capissero l’universalità di quel male, la sua natura internazionale e quindi il carattere universale della sua pericolosità”.
La sua ha continuato ad essere una voce scomoda e isolata perché – dopo il crollo delle feroci nomenclature comuniste – non ha chiesto vendetta, ma ha pure rifiutato che si autoassolvessero e restassero al potere.
Ha scritto in un suo libro: “Noi siamo pronti a perdonare i colpevoli, ma loro non devono assolversi da sé”.
E’ chiaro perché uno così, in un paese come l’Italia, è sconosciuto e continua ad essere una voce silenziata. Infatti quante volte è stato fatto parlare in tv o sui giornali italiani?
Parla in Gran Bretagna, in America… Ma in Italia è una voce silenziata. Quali case editrici hanno pubblicato i suoi libri? Prendiamo il volume che ha scritto, dopo il crollo dell’Urss, quando poté tornare a Mosca e pubblicare i documenti degli archivi del Cremlino: chi ha tradotto quel libro in Italia? La piccolissima editrice Spirali.
Infatti “Gli archivi segreti di Mosca” è pressoché sconosciuto e ben pochi ne han parlato sui giornali. Eppure riguardava anche noi italiani.
Voci profetiche come quella di Bukovsky devono far riflettere soprattutto in un Paese come il nostro dove ha sempre scarseggiato la sensibilità per i diritti dell’individuo e ha sempre abbondato il conformismo culturale, la prevaricazione delle nomenklature e quella dello stato.
L’allarme del dissidente russo sull’Europa ci riguarda e ci deve far riflettere. Oggi più che mai. Ma ancora una volta sono poche le voci sensibili all’allarme sulla libertà. Come direbbe Papa Lolek "Damose da fa".

Ma chi è l'uomo Bukovsky cosa racconta la sua storiografia?
Bukovskij è nato da una famiglia evacuata da Mosca durante la Seconda guerra mondiale. Nel 1959 fu espulso dalla scuola di Mosca che frequentava per aver fondato una rivista non autorizzata ed esserne divenuto il direttore.
Dal giugno 1963 al febbraio 1964, Bukovskij è stato detenuto (Articolo 70-1 del codice penale sovietico) in una psikhushka per aver organizzato incontri di poesia nel centro di Mosca presso il monumento a Vladimir Majakovskij.
Nel gennaio 1967 è stato arrestato per aver organizzato dimostrazioni in difesa di Aleksandr Ginzburg, Jurij Galanskov ed altri dissidenti (Articolo 190-1, tre anni di reclusione); fu rilasciato nel gennaio 1970.
Nel 1971 Bukovskij riuscì a far giungere in Occidente un documento di oltre 150 pagine che descriveva gli abusi commessi negli istituti psichiatrici sovietici nei contronti di dissidenti politici. L'informativa ebbe grande eco negli ambienti degli attivisti per i diritti umani in tutto il mondo (incluso l'URSS) e per questo fu arrestato nuovamente nel gennaio 1972 con l'accusa di aver avuto contatti con giornalisti stranieri e per possesso e diffusione di samizdat (Articolo 70-1, sette anni di prigionia più cinque di esilio).
Insieme con un compagno di prigionia, lo psichiatra Semën Gluzman, redasse un Manuale di psichiatria per dissidenti per aiutare altri dissidenti a combattere gli abusi delle autorità.
Il destino di Bukovskij e di altri prigionieri politici sovietici, portato ripetutamente all'attenzione da attivisti per i diritti umani e diplomatici occidentali, fu causa di imbarazzo ed irritazione per le autorità.
Il 18 dicembre 1976, mentre era in prigione, Bukovskij fu scambiato con l'ex leader comunista cileno Luis Corvalán. Nel suo racconto autobiografico Il vento va, e poi ritorna, Bukovskij racconta come fu trasferito in Svizzera in manette. Il racconto è disponibile on line su diversi siti.[1][2]
Dal 1976 Bukovskij ha vissuto a Cambridge, in Inghilterra, interessandosi di neuropsicologia e scrivendo. Ha conseguito un master in biologia ed ha scritto diversi libri e saggi politici. Oltre a criticare il regime sovietico, parla spesso di quella che chiama la "creduloneria occidentale", cioè una mancanza di fermezza del liberalismo occidentale nei confronti degli abusi del comunismo.
Nel 1983, insieme con Vladimir Maksimov ed Ėduard Kuznecov, ha fondato l'organizzazione anticomunista Resistenza internazionale (in russo: Интернационал сопротивления) di cui è stato eletto presidente. Nel 1985, insieme con Albert Jolis, Armondo Valladares, Jeane Kirkpatrick, Midge Decter e Jurij Jarym-Agaev, ha fondato la Fondazione americana per la resistenza internazionale (in inglese: American Foundation for Resistance International); la fondazione, alla quale più tardi aderirono anche Richard Perle e Martin Colman, divenne il centro di coordinamento per i movimenti di dissidenti e democratici che miravano a rovesciare il comunismo; organizzò proteste nelle nazioni che ne erano prigioniere e si oppose agli aiuti finanziari occidentali destinati ai regimi comunisti. Ebbe un ruolo di primo piano nel coordinare l'opposizione che fu strumentale per il crollo del comunismo. Creò inoltre il Consiglio nazionale di supporto ai movimenti democratici (in inglese: National Council To Support The Democracy Movements) - noto anche come Consiglio nazionale per la democrazia (in inglese: National Council For Democracy) - che prestò aiuto per la instaurazione di stati di diritto basati su regole democratiche, nonché assistenza nella redazione delle costituzioni e nella realizzazione delle strutture civili.
ell'aprile 1991 Vladimir Bukovskij ha visitato Mosca per la prima volta dopo la sua deportazione forzata. Durante la campagna per elezioni presidenziali del 1991 Boris Eltsin considerò Bukovskij come un potenziale vice presidente insieme a Galina Starovojtova e Gennadij Burbulis, ma alla fine la sua scelta cadde su Aleksandr Ruckoj.
Nel 1992, dopo il collasso dell'Unione Sovietica, il governo del presidente Eltsin invitò Bukovskij a testimoniare nel processo in corso davanti alla Corte costituzionale russa per determinare se il PCUS fosse un'organizzazione fuorilegge. Per preparare la sua testimonianza, Bukovskij richiese ed ottenne l'accesso ad un gran numero di documenti conservati negli archivi sovietici. Usando un piccolo scanner portatile ed un computer portatile riuscì a scannerizzare in segreto molti documenti (alcuni dei quali con high security clearance), tra i quali anche rapporti del KGB al Comitato centrale, ed a farli giungere in segreto in Occidente.[3] Il processo, che nelle premesse doveva essere un altro Processo di Norimberga capace di dare l'avvio ad un processo di riconciliazione con il passato comunista, si rivelò quasi una farsa: solo gli organi del comitato centrale furono messi fuorilegge. A questo riguardo Bukovskij ha espresso profondo disappunto nei suoi scritti ed in interviste pubbliche:
Gli servirono due anni e l'aiuto di numerosi assistenti per ricomporre i documenti scannerizzati e pubblicarli. Il libro è stato pubblicato nell'originale inglese con il titolo Judgement in Moscow, ricalcando quello del famoso film Judgement in Nuremberg, che aveva impressionato Bukovskij durante l'adolescenza. L'opera ha attirato l'attenzione internazionale ed è stato tradotto in molte lingue. In italiano è stato pubblicato nel 1999 dall'editore Spirali con il titolo Gli archivi segreti di Mosca.
Nel 1992 un gruppo di deputati liberali del Consiglio della città di Mosca offrì a Bukovskij la candidatura per le elezioni come nuovo sindaco della città all'indomani delle dimissione di Gavriil Popov. Bukovskij rifiutò. All'inizio del 1996 un gruppo di professori universitari, giornalisti ed intellettuali moscoviti suggerì che Bukovskij avrebbe dovuto concorrere per la carica di presidente russo, da candidato alternativo sia al presidente uscente Boris Yeltsin, sia al suo avversario (il comunista Gennadij Zjuganov). Non fu inoltrata alcuna nomina formale. Comunque Bukovskij non avrebbe potuto partecipare alla corsa presidenziale, in quanto la costituzione russa sancisce che un candidato alla carica di presidente deve aver vissuto nello stato per dieci anni di fila prima delle elezioni.
Nel 1997, con il suo appoggio, nascono i Comitati per le libertà (in latino: Comitatus pro Libertibus), un movimento internazionale a base federale che si batte per difendere e diffondere la cultura delle libertà. Eletto presidente generale dei CpL nell'Assemblea Generale di Firenze (2001) si prodiga con lo scrittore e giornalista Dario Fertilio e con lo storico Stéphane Courtois per la celebrazione annuale (ogni 7 novembre, che coincide con la data della Rivoluzione d'Ottobre secondo l'antico calendario guliano) del Memento Gulag, giornata alla memoria delle vittime del comunismo e di tutti i totalitarismi. Da allora, il Memento Gulag è stato celebrato a Roma, Bucarest, Berlino, La Roche-sur-Yon e Parigi.
Nel 2002 Boris Nemtsov, membro della duma (camera bassa del parlamento russo) e leader dell'Unione delle Forze di Destra, e il premier russo, fecero visita a Vladimir Bukovsky a Cambridge per discutere la strategia dell'opposizione russa. Bukovsky disse a Nemtsov che, secondo lui, è obbligatorio che il liberali russi adottino un'inflessibile posizione nei riguardi di ciò che lui vede come l'autoritario governo del presidente Vladimir Putin. Nel gennaio 2004, insieme a Garry Kasparov, Boris Nemtsov, Vladimir Kara-Murza e altri, Bukovskij fondò la Committee 2008, una "organizzazione ombrello" dell'opposizione russa democratica, il cui scopo era di assicurare libere ed oneste elezioni presidenziali nel 2008.
Nel 2005 Bukovskij partecipò ad "Hanno scelto la libertà" (in russo: "Они выбирали свободу"),[5] un documentario in quattro parti sul movimento di dissidenza sovietico. Nello stesso anno, in occasione delle rivelazioni sui prigionieri a Guantanamo, Abu Ghraib e le altre prigioni segrete della CIA, Bukovskij criticò la razionalizzazione della tortura.[6] Bukovskij mise in guardia in merito ad alcuni paralleli tra la formazione dell'Unione Sovietica e quella dell'Unione Europea.[7]
Vladimir Bukovskij è membro del consiglio d'amministrazione del Fondo per la riconoscenza (in inglese: Gratitude Fund), e membro del consiglio internazionale della Fondazione per i diritti umani (in inglese: Human Rights Foundation) di New York. Nel Regno Unito è vice-presidente dell'Associazione per la libertà (in inglese: The Freedom Association - TFA) e patrono del Partito per l'indipendenza del Regno Unito (in inglese: United Kingdom Independence Party - UKIP),gruppo politico di estrame destra e che siede nello stesso raggruppamento europeo della Lega Nord.
Vladimir Bukovskij (2007)
Il 28 maggio 2007, Bukovskij decise di candidarsi per la presidenza della federazione russa nelle elezioni del 2008.[8][9][10]
Il gruppo che designò Bukovskij come candidato comprendeva Jurij Ryzhov, Vladimir Kara-Murza, Alexandr Podrabinek, Andrej Piontkovskij, Vladimir Pribylovskij e altri. Gli attivisti e scrittori Valerija Novodvorskaja, Viktor Šenderovič, Vladimir Sorokin sostennero Bukovskij.[11][12]
Nella loro risposta ai politici e ai pubblicisti pro-Cremlino che esprimevano dubbi sulla possibilità di candidarsi da parte di Bukovksij, i suoi designatori confutarono una serie di affermazioni che venivano frequentemente ripetute.[13]
Più di 800 sostenitori designarono Bukovskij come candidato alla presidenza il 16 dicembre 2007 a Mosca. Bukovskij si assicurò la partecipazione richiesta e sottopose la propria iscrizione alla Commissione Elettorale Centrale il 18 dicembre 2007.[14][15][16]
Il gruppo di sostegno confutò le prime dichiarazioni dei media filogovernativi in merito al fallimento di Bukovskij nella corsa presidenziale e ai ricorsi presso la Corte Costituzionale.[17][18]
La Commissione Elettorale respinse la domanda di Bukovskij il 22 dicembre 2007, sostenendo che nella documentazione sottoposta non erano state fornite sufficienti informazioni sulla sua attività di scrittore, che Bukovskij era in possesso di un permesso di lavoro britannico e che non aveva vissuto in territorio russo negli ultimi dieci anni.[19] Bukovskij ricorse in appello contro la decisione dapprima presso la Corte Suprema il 28 dicembre 2007, e quindi presso la Corte di Cassazione il 15 gennaio 2008.[20][21]
i seguito le principali pubblicazioni di Bukovskij in lingua italiana. Si veda questa pagina per l'elenco dettagliato.
  • Vladimir Bukovskij; Semën Gluzman, Manuale di psichiatria per dissidenti, 1974.
  • Vladimir Bukovskij, Come costruire un castello - La mia vita di dissidente, 1978.
  • Vladimir Bukovskij, Il vento va e poi ritorna, Feltrinelli, 1978, pp. 404.
  • Vladimir Bukovskij, La scelta della libertà, 1987.
  • Vladimir Bukovskij, URSS: dall'utopia al disastro, Spirali, 1991, pp. 282. ISBN 978-88-7770-312-5
  • Vladimir Bukovskij, Il convoglio d'oro, Spirali, 1994, pp. 275. ISBN 978-88-7770-391-0
  • Vladimir Bukovskij, Gli archivi segreti di Mosca, Spirali, 1999, pp. 849. ISBN 978-88-7770-519-8 basato sulla sua visita in Russia del 1992 e sugli "Archivi Sovietici".
  • Vladimir Bukovskij; Vasilij Bykov; Viktor Suvorov, La mentalità comunista, Spirali, 2001, pp. 116. ISBN 978-88-7770-572-3
  • Vladimir Bukovskij; Pavel Stroilov, URSS-EURSS ovvero il complotto dei rossi, Spirali, 2007, pp. 117. ISBN 978-88-7770-799-4
  • Vladimir Bukovskij; Pavel Stroilov, Eurss. Unione Europea delle Repubbliche Socialiste Sovietiche, Spirali, 2007, pp. 158. ISBN 978-88-7770-773-4

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