mercoledì 29 febbraio 2012

Disastro nucleare di Fukushima. Bilancio (quasi) un anno dopo

Non è stato solo un disastro naturale a causare l'incidente alla centrale di Fukushima Daiichi, ma piuttosto il fallimento del governo, delle agenzie di controllo e dell’industria nucleare giapponese. Questa una delle conclusioni del rapporto “Fukushima, un anno dopo” presentato da Greenpeace International a quasi un anno dal disastro.

Non è stato semplicemente un disastro naturale a causare il tragico incidente alla centrale di Fukushima Daiichi, ma piuttosto il fallimento del governo, delle agenzie di controllo e dell’industria nucleare giapponese. Questa la conclusione principale del rapporto “Fukushima, un anno dopo”  presentato da Greenpeace International a quasi un anno dal disastro. Si è trattato di un disastro causato dall’uomo che potrebbe ripetersi in ciascuno degli impianti nucleari del pianeta, mettendo a rischio milioni di persone.
Una sintesi del rapporto in italiano è consultabile qui: www.greenpeace.org/italy/it/campagne/nucleare/Fukushima-un-anno-dopo/
«Anche se fu innescato tecnicamente dal terremoto e dallo tsunami dello scorso 11 marzo, il disastro di Fukushima è stato causato dal fatto che le autorità giapponesi hanno deciso di ignorare i rischi del nucleare e di dare priorità agli interessi economici piuttosto che alla sicurezza – ha dichiarato Jan Van de Putte, esperto di sicurezza nucleare di Greenpeace International. – Questo rapporto dimostra che il nucleare è intrinsecamente insicuro e che i governi autorizzano la costruzione di centrali nucleari senza avere le capacità di fronteggiare i problemi che possono derivarne nell’interesse della sicurezza dei cittadini. Tutto questo non è cambiato dal disastro di Fukushima, e per questo milioni di persone continuano ad essere esposte al rischio nucleare, in tutto il mondo.»
Il rapporto che Greenpeace International ha commissionato ad un gruppo di esperti indipendenti, giunge a tre conclusioni principali:
1.  le autorità giapponesi e gli operatori dell’impianto di Fukushima hanno agito sulla base di assunzioni assolutamente errate sulle probabilità di un incidente grave: i rischi erano noti ma minimizzati e ignorati;
2. sebbene il Giappone sia considerato uno dei Paesi meglio preparati al mondo per fronteggiare disastri di grande entità, nella realtà dei fatti questo disastro si è dimostrato peggiore, nelle sue conseguenze, di ogni ipotesi pianificata: i piani di emergenza nucleare e di evacuazione non sono riusciti a proteggere adeguatamente le persone;
3. centinaia di migliaia di persone hanno sofferto le conseguenze dell’evacuazione forzata per evitare l’esposizione alle radiazioni. Queste persone non possono rifarsi una vita perché non hanno ancora ottenuto indennizzi. Il Giappone è uno dei tre soli Paesi al mondo che, per legge, considera un operatore di impianto nucleare (TEPCO, in questo caso) interamente responsabile dei danni causati da un disastro nucleare ma, evidentemente, i meccanismi di riconoscimento della responsabilità del danno e della successiva erogazione degli indennizzi alle vittime non funzionano. A un anno dal disastro le persone colpite sono sostanzialmente abbandonate a sé stesse e, alla fine, saranno i contribuenti giapponesi, e non TEPCO, a pagare la maggior parte dei danni.
«Questo disastro era prevedibile, ma è accaduto a causa della vecchia consuetudine di ammorbidire le regole che, non solo in Giappone, tutelano i profitti a danno della sicurezza delle persone – ha detto Kazue Suzuki di Greenpeace Giappone. – Non a caso le autorità giapponesi stanno facendo pressione per far ripartire i reattori nucleari come se il disastro di Fukushima non fosse mai avvenuto: così i cittadini dovranno pagare un’altra volta per gli errori del proprio governo.»
«Non è possibile obbligare le persone a convivere col mito della sicurezza nucleare e in attesa del prossimo disastro – ha aggiunto Alessandro Giannì, direttore delle campagne di Greenpeace Italia. – L’energia nucleare deve essere progressivamente abbandonata – come sta già facendo la Germania - e rimpiazzata da investimenti intelligenti in efficienza energetica e fonti rinnovabili.»
Greenpeace chiede al Governo del Giappone di non riavviare i suoi impianti nucleari e di favorire piuttosto lo sviluppo di efficienza energetica e energie rinnovabili per creare migliaia di posti di lavoro, migliorare l’indipendenza energetica del Paese riducendo le emissioni di gas serra, con la garanzia che nessuno dovrà soffrire di nuovo per il fallout di un prevedibile disastro nucleare. Greenpeace  chiede anche la progressiva chiusura di tutti gli impianti nucleari nel mondo entro il 2035.


                                                                 11 Marzo 2011


 Giornalisti dell'Ansa sono entrati nella centrale nucleare. Ecco ciò che hanno visto!


Redazione Cadoinpiedi.it
I giornalisti dell'Ansa sono entrati nella centrale nucleare. Ecco ciò che hanno visto
''La situazione è molto diversa rispetto a un anno fa, ora è piuttosto stabile''. E' il commento riassuntivo di Takeshi Takahashi, manager della Tepco a capo della disastrata centrale di Fukushima, incontrando nel bunker antisismico dell'impianto un pool di media stranieri, tra cui l'ANSA, prima testata italiana a visitare il sito.

Sul mantenimento dell'impianto, duramente colpito dal sisma/tsunami dell'11 marzo 2011, nello stato di 'arresto a freddo', come dichiarato lo scorso dicembre dal governo nipponico, Takahashi ha ammesso che "non è possibile dire che se le nostre attuali apparecchiature sono al riparo da rischi". L'incognita principale resta quella dell'evento catastrofale, "come terremoto e maremoto", mentre il livello di attenzione, per altro verso, non deve mai diminuire.

La centrale nucleare di Fukushima è oggi 'aperta' ai media per la terza volta in assoluto, ma questa volta in modo pressoché esclusivo a favore di quelli stranieri, tra cui l'ANSA, prima testata italiana a poter visionare gli sforzi del gestore Tepco e del governo per portare sotto controllo la crisi nucleare più grave dopo Cernobyl. A quasi un anno di distanza dal sisma/tsunami che l'11 marzo 2011 devastò il nordest del Giappone, la regione del Tohoku, la situazione della struttura che ha fatto trattenere il fiato al mondo intero è lontana dall'essere risolta, pur tra i progressi descritti dall'Aiea, l'Agenzia atomica che fa capo all'Onu.

Dopo la dichiarazione di stato compatibile con 'l'arresto a freddo decisa a dicembre dal governo nipponico grazie alla temperatura nei reattori danneggiati 'stabilmente' ben al di sotto degli 80 gradi, è stata autorizzata da ultimo l'apertura dello spazio aereo fino a 3 km dall'impianto, la distanza ora considerata di sicurezza, molto meno della 'no-fly zone' precedente del raggio di 20 km, pari alla zona di evacuazione totale a livello di superficie per il rischio contaminazione.

I problemi all'interno della struttura - i reattori n.1-3 hanno subito la fusione parziale del nocciolo e il n.4 è stato seriamente danneggiato dalla forza dell'onda anomala di almeno 15 metri - non sono affatto finiti. L'Agenzia per la sicurezza nucleare nipponica (Nisa) ha infatti rilevato, dopo un'accurata verifica dell'impianto di Fukushima, di aver trovato una decina di errori fatti dall'operatore Tepco che spaziano dalle modalità per le attività da svolgere in sicurezza fino alla sorveglianza delle condizioni di esercizio nello stabilimento.

L'ispezione, di 19 giorni e la prima fatta sul capo dallo scoppio della crisi, ha preso di mira il sistema di circolazione dell'acqua di raffreddamento dei reattori, incluso un termometro rivelatosi difettoso e responsabile di apprensioni inutili all'unità 2 viste le temperature segnalate erroneamente al rialzo. Resta sempre difficile la situazione per i 3.000 ingegneri, tecnici e operai che lavorano senza sosta a Fukushima, malgrado l'allentamento della rigidità dei turni.

La morte per infarto avvenuta lo scorso maggio di un uomo di 60 anni, dipendente di una società edile subappaltatrice, è da collegare al super lavoro (il cosiddetto 'karoshi') svolto presso la centrale, ha scritto la stampa nipponica. E' la prima volta, secondo il ministero del Welfare, che è stato riconosciuto il decesso di un lavoratore coinvolto nella crisi nucleare come risultato dello stress accumulato. Nel percorso di avvicinamento al J-Village, 'la Coverciano del Giappone' diventata base di coordinamento delle operazioni nella crisi di Fukushima, ai limiti dell'area off-limits, la prima tappa con tre colleghi tedeschi è a Hitachi, città di 200.000 abitanti nella prefettura di Ibaraki, una novantina di km dal punto di ritrovo.

E' qui che nel 1910 il visionario Namihei Odaira fondò la Hitachi, la conglomerata ora tra i colossi mondiali del nucleare e che ha realizzato negli Anni '70 il reattore n.4 di Fukushima.


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