domenica 29 luglio 2012

Taranto: meglio morire di tumore o di fame?


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La scelta, drammatica, per i tarantini è tra la disoccupazione e l'emigrazione o la morte per tumore. E' sconvolgente. A gridare "il re è nudo" è stata ancora una volta la magistratura, che va ringraziata. La politica è morta e Taranto è il suo cimitero.
Intervista a Federico Catucci uno degli organizer degli Amici di Beppe Grillo di Taranto
Taranto e il cosiddetto sviluppo(espandi | comprimi)
Sono Federico Catucci del Meet Up 192 Amici di Beppe Grillo Taranto.
Taranto paga per intero le conseguenze del cosiddetto sviluppo basato sulla famosa catena lineare della produzione e su tre momenti in particolare: estrazione materia prima - lavorazione del prodotto estratto - smaltimento.
Un vecchio modello di sviluppo che causa oltre alla predazione e al consumo delle risorse anche inquinamento e disuguaglianza. Un modello che va immediatamente sostituito da un sistema dove l’elemento centrale della politica sono gli abitanti, l’ecosistema, la biodiversità e non più il profitto e i benefici di pochi a danno di molti.
Oggi a Taranto si stanno scoprendo tutti i controsensi del cosiddetto sviluppo e benessere indotto da anni di menzogne e promesse irrealizzabili, un modello non più sostenibile. E' necessario ed urgente, invertire la rotta, perché non possiamo continuare a divorare il territorio. Taranto paga la parte inquinante di questi processi e gli abitanti sopravvivono delle briciole, portando la parte più consistente dei benefici altrove. Il vecchio modello di sviluppo si basa su processi e impianti obsolescenti come quello dello stabilimento ILVA di Taranto. Uno stabilimento che, a 50 anni dalla sua creazione. ormai è arrivato agli sgoccioli del suo ciclo vitale ed è destinato presto a smettere di produrre. Uno stabilimento che per dimensioni e vicinanza alla città, non potrà mai essere compatibile. Oggi assistiamo all'azione della magistratura che facendo il proprio lavoro, arriva dove la politica per anni non ha mai avuto la volontà e il coraggio di giungere: a vedere in faccia la realtà.
Il 26 luglio potrebbe essere ricordato come un nuovo e storico inizio per i cittadini di Taranto.
Abbiamo appreso dalla stampa che, finalmente, dopo mesi di ponderate analisi dei dati probatori e a seguito di perizie epidemiologiche, la magistratura, nella persona del gip Patrizia Todisco ha firmato il provvedimento di sequestro (senza facoltà d’uso) degli impianti dell’Ilva di Taranto e le misure cautelari per alcuni indagati. Sono otto i provvedimenti di arresti domiciliari. L’ordinanza riguarda dirigenti ed ex dirigenti dell’Ilva. Cinque di questi erano già inquisiti e avevano nominato propri consulenti nell’ambito dell’incidente probatorio. I capi d'accusa sono diversi: disastro colposo e doloso, avvelenamento di sostanze alimentari, omissione dolosa di cautele contro gli infortuni sul lavoro, danneggiamento aggravato di beni pubblici, getto e sversamento di sostanze pericolose, inquinamento atmosferico. Imputati il patron Emilio Riva, presidente dell’ ILVA fino al maggio 2010; il figlio Nicola Riva, che gli è succeduto nella carica e si è dimesso un paio di settimane fa; l’ex direttore dello stabilimento di Taranto, Luigi Capogrosso; il dirigente capo dell’area del reparto cokerie, Ivan Di Maggio; il responsabile dell’area agglomerato, Angelo Cavallo. Il sequestro senza facoltà d’uso, invece, riguarda l’intera “area a caldo” dello stabilimento siderurgico ILVA, ovvero i parchi minerali, le cokerie, l’area agglomerazione, l’area altiforni, le acciaierie e la gestione materiali ferrosi.
Il provvedimento ancora non è messo in pratica, come confermato dal Procuratore Capo della Repubblica Franco Sebastio: "L' ILVA è aperta e operativa, non è stata posta sotto sequestro e gli impianti sono pienamente funzionanti...In quanto occorrono alcuni ingegneri dell'Arpa e diversi giorni di lavoro”. I medici nominati dal gip hanno stilato un rapporto, mai prima d'ora realizzato, in cui si parla di 650 ricoveri ogni 12 mesi per patologie cardio-respiratorie. E di un elevato numero di tumori in età pediatrica. Cifre che si impennano tra gli ex operai e nei quartieri vicini allo stabilimento siderurgico. In più, le emissioni dello stabilimento Ilva causano malattie e 90 morti l’anno nella popolazione di Taranto. Devastante! Emergono da parte del gip, nell'ordinanza di sequestro, come apprendiamo dagli organi di stampa, parole dure come macigni nei confronti della proprietà ILVA e indirettamente anche sulla inerte classe politica. Si legge infatti che: “La gestione del siderurgico di Taranto è sempre stata caratterizzata da una totale noncuranza dei gravissimi danni che il suo ciclo di lavorazione e produzione provoca all’ambiente e alla salute delle persone”...ed anche che “ancora oggi” gli impianti dell’ILVA producono “emissioni nocive” che, come hanno consentito di verificare gli accertamenti dell’Arpa, sono “oltre i limiti” e hanno “impatti devastanti” sull’ambiente e sulla popolazione. Il Gip di Taranto Patrizia Todisco, inoltre, ha spiegato che la situazione dell’ILVA “impone l’immediata adozione, a doverosa tutela di beni di rango costituzionale che non ammettono contemperamenti, compromessi o compressioni di sorta quali la salute e la vita umana, del sequestro preventivo”. Non solo. “L’imponente dispersione di sostanze nocive nell’ambiente urbanizzato e non, ha cagionato e continua a cagionare non solo un grave pericolo per la salute (delle persone)”, ma “addirittura un gravissimo danno per le stesse, danno che si è concretizzato in eventi di malattia e di morte”. E soprattutto: “Chi gestiva e gestisce l’Ilva ha continuato in tale attività inquinante con coscienza e volontà per la logica del profitto, calpestando le più elementari regole di sicurezza”.

La politica non deve pressare i giudici (espandi | comprimi)
Intanto giovedì 26 migliaia di lavoratori sono scesi in strada a manifestare pacificamente per tutelare il proprio posto di lavoro convinti da qualcuno, come si evince dalle loro interviste, di averlo già perso. Probabilmente lo scopo ulteriore - dice la Procura – era mettere pressione sui giudici del Tribunale del Riesame, che già il 3 Agosto deciderà se confermare o meno il sequestro (appare paradossale che il primo a richiedere il riesame sia proprio il ministro dell'Ambiente Clini che invece dovrebbe essere una delle parti offese!). I blocchi oggi sono interrotti e riprenderanno lunedì 2 agosto. Siamo praticamente barricati in città : se continua così a breve emergeranno ulteriori problemi legati all'approvvigionamento di beni alimentari e di prima necessità. Non solo, sempre secondo il ministro Clini: “LO STABILIMENTO NON VA BLOCCATO. L'Ilva di Taranto non va fermata. Il giudizio sui rischi connessi ai processi industriali dello stabilimento va attualizzato”!
Come si è arrivati ad una situazione del genere? Troppo facile e prevedibile, purtroppo! Il siderurgico di Taranto è il più grande stabilimento europeo del suo genere, e l'unico che produce acciaio dalla polvere di ferro rilasciando durante tutto il procedimento inquinanti di ogni tipo: diossine, mercurio, piombo, nichel, PCB, IPA come il benzo(a)pirene, etc. L'impianto è un “mostro” costruito nel 1961, mai realmente rimodernato e al limite della funzionalità operativa. La produzione dell'area a caldo, quella più inquinante, è aumentata quando nel 2005-2006 la produzione di Genova è stata spostata a Taranto e viene lavorata sia qui a Taranto che in altri stabilimenti della famiglia Riva in Italia. Il Procuratore Capo della Repubblica Sebastio ha dichiarato che “Ogni giorno ci sono sequestri preventivi. Noi facciamo le nostre valutazioni in base ai codici, non in base alle dimensioni qualitative e quantitative. Nessuna norma del codice dice che possiamo sequestrare un impianto fino a quando occupa trenta operai e che dal trentunesimo in poi la legge non si applica più." Il sequestro, la tensione alle stelle, la città blindata: mentre i lavoratori stremati dall'attesa e dall'incertezza del futuro hanno occupato Taranto, a Roma il governo, gli enti locali e le parti sociali firmano l'accordo sulle bonifiche e per il risanamento della città jonica, che ci lascia perplessi per termini e quantità.
Ben 336 milioni di euro (molti dei quali ancora da recuperare...) che in realtà andranno a colmare finanziariamente impegni economici, di dubbia utilità, già presi e previsti negli anni e mesi scorsi e di cui rimane ben poca cosa per fantomatiche bonifiche a siti industriali ancora operanti … + 100 milioni di euro che sono stati promessi, e vedremo se realmente arriveranno, qualche giorno fa da parte della Regione, e nemmeno uno spicciolo di euro a favore e tutela degli operai e delle loro famiglie che a seguito dei sequestri potrebbero vivere momenti di difficoltà. Quindi fumo negli occhi come sempre. Inoltre l'ILVA dei Riva, come si apprende dalla stampa locale, non partecipa nemmeno con un euro, pur avendone guadagnati miliardi in utili negli ultimi anni...

Il nostro punto di vista (espandi | comprimi)
I menefreghisti e i non curanti della vita dei Tarantini, si lavano le mani e la coscienza con termini come “Una città necessaria.” Solo con gli occhi e le orecchie bendate si poteva evitare di capire che l'intera classe politica locale, regionale e nazionale ha girato per decenni la testa da un'altra parte e considerato Taranto un caso da non affrontare per puri scopi speculativi e a tutela della famiglia Riva. Proprietà a cui lo Stato aveva da un lato praticamente regalato l'industria negli anni novanta e dall'altro rifilato un problema ambientale e di salute mica di poco conto. E mai risolto.Con tutti gli uccelli del malaugurio della politica tarantina e non, onnipresenti sui giornali, vanno da mesi intonando una litania a morte per tutti i cittadini di Taranto: per loro siamo una città a vocazione industriale! Ma come è possibile rendere compatibile una industria di queste dimensioni (2 volte e mezzo Taranto) e così vicina alla città? Perché, mentre a Porto Marghera (VE) si pianificano le bonifiche e riconversioni investendo circa 5 miliardi di euro, invece a Taranto si pensa ancora a dare, a confronto di Porto Marghera, degli spiccioli? Si parla di qualche centinaio di milioni di euro, insufficienti per bonificare un territorio vastissimo e profondamente inquinato, che è stato dichiarato ad “elevato rischio di crisi ambientale” oltre 20 anni fa e che da allora ha visto solamente ampliamenti di siderurgici, cementifici, centrali elettriche, raffinerie, inceneritori e discariche! Denari insufficienti perché ancora non si conosce se e come avverrebbero queste bonifiche e soprattutto non possiamo che rilevare l’inutilità di bonifiche che si effettuano se gli impianti inquinanti non verranno definitivamente spenti. Ma poi, in Italia chi inquina non dovrebbe pagare? Il privato che in questi anni ha fatturato decine di miliardi di euro deve metter mani al portafoglio e rimborsare i tarantini. Quando Clini afferma che l'Ilva di Taranto potrà adattarsi alla normativa europea in 4 anni, sembra più il ministro del Lavoro con allo sviluppo economico che il ministro dell'Ambiente. Noi siamo convinti che in 4 anni si possano realizzare e costruire alternative alla grande industria molto importanti e dare lavoro a tutti i lavoratori dignitoso e sano. L’assenza della politica si mostra anche nell’assenza di registri tumori aggiornati e mappe epidemiologiche e anche nel fatto che non si è mai aperto un tavolo tra istituzioni e abitanti per discutere di cosa fare dopo l’Ilva. Anzi si sono osteggiate “sine die” iniziative come i referendum ILVA che miravano ad aprire una discussione sulle alternative alla grande industria. E ora ci troviamo in questa drammatica situazione. Mesi fa invece erano i centinaia di mitilicoltori a protestare e ad occupare il ponte girevole poiché il loro meraviglioso prodotto famoso nel mondo, la cozza tarantina, oggi è a rischio proprio per l’inquinamento. Cosi come l’attività degli allevatori sono state messe in ginocchio a causa della contaminazione di diossina di migliaia di capi di bestiame. Lavoro, ambiente, salute messi costantemente a contrasto da questo modello di sviluppo, dagli industriali e dai politici, questo perché la politica non ha agito in tempo e si è sempre “lavata le mani”di Taranto e dei tarantini. Ora c’è necessità di cambiare il tutto, di ripensare a un nuovo modello, che dia la possibilità di vivere agli abitanti senza dover scegliere tra lavoro o salute e non è più tempo di verificare se uno stabilimento vetusto possa continuare a marciare ancora per qualche anno prima di spegnersi “naturalmente”. Noi siamo con i cittadini e con gli operai, con i mitilicoltori e con gli allevatori. Solo unendoci potremo ottenere il rispetto del territorio, degli abitanti e il recupero della dignità. Lavorando insieme per costruire il nostro nuovo futuro. Non è con “la guerra tra poveri” che si otterrà il benessere della città. Il modello del passato, fatto anche di complicità, corruzione e menefreghismo ha reso troppe persone povere, scontente e dipendenti da pochi potenti sfrontati. Oggi tutti hanno imparato che atteggiamenti omertosi non bastano ad assicurarci la felicità. Torniamo a discutere insieme in piazza e in rete. Ringraziamo tutti gli abitanti di Taranto che non abbandonano il sogno di una città diversa, auspicando che finiscano presto tutte le “guerre tra poveri”. Ci sono già migliaia di tarantini che si sono “risvegliati”, ma ancora non basta, ora necessariamente bisogna attuare una vera democrazia priva di deleghe, leaderismi e di logiche individuali, lo dobbiamo a noi, lo dobbiamo a chi verrà dopo di noi!

L'intervista è realizzata con la partecipazione alla realizzazione e la condivisione del testo degli Amici di Beppe Grillo Taranto – Meet Up 192.

http://www.beppegrillo.it 
 

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