giovedì 28 febbraio 2013

Il petrolio iracheno: un affare da $ 21 miliardi

Giovedì, 17 Aprile 2003

Il petrolio iracheno: un affare da $ 21 miliardi

L'Iraq è "un buco nero", dicono gli Usa che hanno ormai il controllo di tutti i pozzi del Paese. La produzione attuale è di 112 mld di barili ma potrebbe essere portata a 130 mld. Con ingenti investimenti
MILANO - Ventuno miliardi di dollari. Questo l'investimento necessario per portare l'Iraq alla massima produzione petrolifera tra 8-10 anni. Così, mentre l'operazione militare "Iraqi Freedom" si avvia  alla conclusione con la presa da parte della coalizione anglo-americana dei maggiori punti strategici e di tutti i giacimenti petroliferi del paese, si stanno già aprendo  giochi per la gestione d ei giacimenti e in ultima analisi del Paese.

Nel corso del 2001, l’Iraq aveva una capacità produttiva di 112 miliardi di barili (al secondo posto al mondo dopo l’Arabia Saudita), ma secondo un report di Caboto SIM del gruppo Intesa il paese potrebbe avere riserve petrolifere per quasi 130 miliardi di barili.
Infatti, a parte l’embargo, che ha ridotto la produzione, e le tecnologie di estrazione ormai obsolete, dei 73 grandi giacimenti solo un terzo risulta in funzione. Malgrado questa guerra non abbia provocato danni ingenti ai pozzi e agli oleodotti, si stima che per portare la produzione a un livello di circa 6 milioni di barili al giorno sarebbe necessario un miglioramento degli impianti esistenti e la ricerca e lo sviluppo di nuovi campi nella zona del Deserto occidentale, con un investimento stimato intorno ai 21 miliardi di dollari e dei tempi di realizzazione di almeno 8-10 anni.

Certo, si è detto che per riprendere la produzione del greggio “c’è bisogno di una nuova risoluzione dell’Onu ”. Ma gli interessi economici e geopolitici legati al greggio iracheno sono un punto nodale per capire quali scenari si delineano per il dopoguerra. Gli Usa 
in primis hanno già allacciato importanti contratti come quello che riguarda una consociata della Halliburton, cioè il gruppo guidato fino al 2000 dal vicepresidente americano (allora amministratore delegato) Dick Cheney.

La  società ha l’appalto sullo spegnimento dei pozzi: a seconda di quanti pozzi bruceranno nei prossimi due anni, potrebbe incassare fino a sette miliardi di dollari. Così, sebbene sia Bush che Blair dicano che “il petrolio e le altre risorse naturali irachene siano patrimonio della popolazione”, esistono già giochi e lotte tra vari paesi europei e non per accaparrarsi la più grande fetta possibile della succulenta torta.
(15 APRILE 2003, ORE 16) 

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