giovedì 14 marzo 2013

Bergoglio, Il Papa Gesuita Colluso Con La Dittatura Argentina? La Denuncia In Un Libro-Inchiesta


In seguito al coinvolgimento in vicende di pedofilia e dittature, erano tanti i candidati impresentabili al soglio pontificio. Fra questi, per quanto si legge su numerose fonti italiane ed estere, anche il neoeletto, Jorge Mario Bergoglio. Un articolo di Stella Spinelli su PeaceReporter ad esempio recensisce un libro-denuncia sul nuovo capo della chiesa cattolica.
Il papa Bergoglio insieme al dittatore argentino Videla
Foto scattata durante la dittatura: Pio Laghi e Jorge Videla
Il nuovo papa Francesco I, Jorge Mario Bergoglio, di origini piemontesi, già arcivescovo di Buenos Aires e presidente dei vescovi argentini, nonché tra i più votati nel 2005 durante il conclave che elesse Joseph Ratzinger come capo della chiesa cattolica, è da anni accusato di essere stato colluso con la dittatura militare argentina guidata inizialmente da Jorge Rafael Videla, che durante la Guerra Sporca secondo le cronache sterminò oltre novemila persone (per non parlare della sparizione di circa 30.000 argentini, i desaparecidos, alcuni dei quali gettati in Oceano dagli aerei).  Le prove del ruolo giocato da Bergoglio a partire dal 24 marzo 1976, sono racchiuse nel libro L’isola del silenzio. Il ruolo della Chiesa nella dittatura argentina del giornalista argentino Horacio Verbitsky, che da anni studia e indaga sul periodo più tragico del Paese sudamericano, lavorando sulla ricostruzione degli eventi attraverso ricerche serie e attente.
I fatti riferiti da Verbitsky. Nel 1972 a 36 anni il gesuita Bergoglio, ordinato sacerdote solo quattro anni prima, divenne il più giovane Superiore provinciale della Compagnia di Gesù in Argentina. Entrando a capo della congregazione  ereditò molta influenza e molto potere, dato che in quel periodo l’istituzione religiosa ricopriva un ruolo determinante in tutte le comunità ecclesiastiche attive nelle baraccopoli di Buenos Aires. Tutti i sacerdoti gesuiti erano sotto le sue dipendenze. Nel febbraio del ’76, un mese prima del drammatico colpo di stato, Bergoglio chiese a due dei gesuiti impegnati nelle comunità di andarsene. Erano Orlando Yorio e Francisco Jalics, che si rifiutarono di andare, non se la sentirono di abbandonare tutta quella gente povera che faceva affidamento su di loro.
Cardinal Jorge Mario BergoglioLa svolta. Verbitsky racconta come Bergoglio reagì con due provvedimenti immediati. Innanzitutto li escluse dalla Compagnia di Gesù senza nemmeno informarli, poi fece pressioni all’allora arcivescovo di Buenos Aires per toglier loro l’autorizzazione a dir messa. Pochi giorni dopo il golpe furono rapiti. Secondo quanto sostenuto dai due sacerdoti, quella revoca fu il segnale per i militari, il via libera ad agire: la protezione della Chiesa era ormai venuta meno. E la colpa fu proprio di Bergoglio, accusato di aver segnalato i due padri alla dittatura come sovversivi. Con l’accezione “sovversivo”, nell’Argentina di quegli anni, venivano qualificate persone di ogni ordine e grado: dai professori universitari simpatizzanti del peronismo a chi cantava canzoni di protesta, dalle donne che osavano indossare le minigonne a chi viaggiava armato fino ai denti, fino ad arrivare a chi era impegnato nel sociale ed educava la gente umile a prendere coscienza di diritti e libertà. Dopo sei mesi di sevizie nella famigerata Scuola di meccanica della marina (Esma), i due religiosi furono rilasciati, grazie alle pressioni del Vaticano.
Escuela de Mecanica de la Armada, teatro delle torture dei desaparecidos argentiniBotta e risposta.  Alle accuse dei padri gesuiti di averli traditi e denunciati, il cardinal Bergoglio si difende spiegando che la richiesta di lasciare la baraccopoli era un modo per metterli in guardia di fronte a un imminente pericolo. Un botta e risposta che è andato avanti per anni e che Verbitsky ha sempre riportato fedelmente, fiutando che la verità fosse nel mezzo. Poi la luce: dagli archivi del ministero degli Esteri sono emersi documenti che confermano la versione dei due sacerdoti, mettendo fine a ogni diatriba. In particolare Verbitsky fa riferimento a un episodio specifico: nel 1979 padre Francisco Jalics si era rifugiato in Germania, da dove chiese il rinnovo del passaporto per evitare di rimetter piede nell’Argentina delle torture. Bergoglio si offrì di fare da intermediario, fingendo di perorare la causa del padre: invece l’istanza fu respinta. Nella nota apposta sulla documentazione dal direttore dell’Ufficio del culto cattolico, allora organismo del ministero degli Esteri, c’è scritto: “Questo prete è un sovversivo. Ha avuto problemi con i suoi superiori ed è stato detenuto nell’Esma”. Poi termina dicendo che la fonte di queste informazioni su Jalics è proprio il Superiore provinciale dei gesuiti padre Bergoglio, che raccomanda che non si dia corso all’istanza.
E non finisce qui. Un altro documento evidenzia ancora più chiaramente il ruolo di Bergoglio: “Nonostante la buona volontà di padre Bergoglio, la Compagnia Argentina non ha fatto pulizia al suo interno. I gesuiti furbi per qualche tempo sono rimasti in disparte, ma adesso con gran sostegno dall’esterno di certi vescovi terzomondisti hanno cominciato una nuova fase”. È il documento classificato Direzione del culto, raccoglitore 9, schedario B2B, Arcivescovado di Buenos Aires, documento 9. Nel libro di Verbitsky sono pubblicati anche i resoconti dell’incontro fra il giornalista argentino e il cardinale, durante i quali quest’ultimo ha cercato di presentare le prove che ridimensionassero il suo ruolo. “Non ebbi mai modo di etichettarli come guerriglieri o comunisti – affermò l’arcivescovo – tra l’altro perché no ho mai creduto che lo fossero”.
Militari argentina accusati di crimini di guerraMa… Ad inchiodare Bergoglio c’è anche la testimonianza di padre Orlando Yorio, morto nel 2000 in Uruguay e mai ripresosi pienamente dalle torture, dalla terribile esperienza vissuta chiuso nell’Esma. In un’intervista rilasciata a Verbistky nel 1999 racconta il suo arrivo a Roma dopo la partenza dall’Argentina: “Padre Gavigna, segretario generale dei gesuiti, mi aprì gli occhi – raccontò in quell’occasione – Era un colombiano che aveva vissuto in Argentina e mi conosceva bene. Mi riferì che l’ambasciatore argentino presso la Santa Sede lo aveva informato che secondo il governo eravamo stati catturati dalle Forze armate perché i nostri superiori ecclesiastici lo avevano informato che almeno uno di noi era un guerrigliero. Chiesi a Gavigna di mettermelo per iscritto e lo fece”.
Nel libro, inoltre, Verbistky spiega come Bergoglio, durante la dittatura militare, abbia svolto attività politica nella Guardia di ferro, un’organizzazione della destra peronista, che ha lo stesso nome di una formazione rumena sviluppatasi fra gli anni Venti e i Trenta del Novecento, legata al nazismo. Secondo il giornalista, l’attuale arcivescovo di Buenos Aires, quando ricoprì il ruolo di Provinciale della Compagnia di Gesù, decise che l’Università dei gesuiti fosse collegata a un’associazione privata controllata dalla Guardia di ferro. Controllo che terminò proprio quando Bergoglio fu trasferito di ruolo. “Io non conosco casi moderni di vescovi che abbiano avuto una partecipazione politica così esplicita come è stata quella di Bergoglio”, incalza Verbitsky. “Lui agisce con il tipico stile di un politico. È in relazione costante con il mondo politico, ha persino incontri costanti con ministri del governo.
El Silencio, l'ultimo libro di Horacio VerbitskyOggi. Nonostante non abbia mai ammesso le sue colpe, il presidente dei vescovi argentini ha spinto la Chiesa del paese latinoamericano a pubblicare una sorta di mea culpa in occasione del 30esimo anniversario del colpo di Stato, celebratosi lo scorso marzo. “Ricordare il passato per costruire saggiamente il presente” è il titolo della missiva apostolica, dove viene chiesto agli argentini di volgere lo sguardo al passato per ricordare la rottura della vita democratica, la violazione della dignità umana e il disprezzo per la legge e le istituzioni. “Questo, avvenuto in un contesto di grande fragilità istituzionale – hanno scritto i vescovi argentini – e reso possibile dai dirigenti di quel periodo storico, ebbe gravi conseguenze che segnarono negativamente la vita e la convivenza del nostro popolo. Questi fatti del passato che ci parlano di enormi errori contro la vita e del disprezzo per la legge e le istituzioni sono un’occasione propizia affinché come argentini ci pentiamo una volta di più dai nostri errori  per assimilare l’insegnamento della nostra storia nella costruzione del presente”.
Tanti tasselli, quelli raccolti dal giornalista argentino nel suo libro che ci aiutano a vedere un po’ meglio in un mosaico tanto complesso quanto doloroso della storia recente di Santa Romana Chiesa.
Il coinvolgimento del vaticano nelle tristi vicende della dittatura argentina (per non parlare di quella cilena guidata da Pinochet) non è una novità.
E’ opportuno ricordare che nonostante venga definito come un progressista, Bergoglio è un conservatore, fermo oppositore dei diritti civili (per questo oppositore anche dell’attuale presidente argentino Kirchner). Sinora gli espertissimi prostrati commentatori televisivi non hanno fatto alcuna menzione ad alcuno dei gravissimi fatti menzionati nel lavoro del giornalista Verbitsky, ma lo dipinge come una persona umile in linea con il nome scelto (c’è da ricordare che il nuovo papa non è mai stato ad Assisi). In tempi di crisi per la chiesa sembra una mossa dettata da un disperato opportunismo unito al tentativo di arginare la corsa a sinistra che si osserva in tutto il sudamerica.
Certo sedicente giornalismo nostrano, oltre a praticare la censura su una verità molto scomoda alle autorità ecclesiastiche (e non solo), ha intrapreso un’opera di mistificazione della realtà sinora descritta, esaltando addirittura la “non politicizzazione dell’attività di Bergoglio” e il fatto che questi “non si fosse mai piegato alla dittatura argentina” (così Porta a Porta del 13 marzo 2013). Le solite litanie a reti unificate che costruiscono il reality show spirituale per masse di fedeli addomesticati.
Ma la storia, a quanto pare, è un’altra e ai ‘fedeli’ non è dato conoscerla. L’indulgenza plenaria concessa nel primo discorso da papa anche attraverso le “nuove tecnologie” (ovviamente per chi crede) è innanzitutto un autoassolvimento?

Il libro-denuncia

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