martedì 30 aprile 2013

La guerra a Cuba si arma di spam



La guerra a Cuba si arma di spam




di Fabrizio Casari
La politica statunitense verso Cuba ha appena raggiunto un nuovo record di pirateria internazionale. In violazione a ogni convenzione internazionale sulle comunicazioni, l’amministrazione Obama ha deciso di aprire l’ennesimo paragrafo del capitolo tecnologico della guerra contro l’isola. La Giunta dei Governatori della Radiodiffusione (BBG è la sua sigla in inglese ndr) ha infatti assegnato ad una società del Maryland, la Washington Software Inc, una commessa che, da sola, contiene diversi reati: il compito previsto è infatti quello di penetrare tecnologicamente la rete telefonica cubana invadendola con centinaia di migliaia di SMS. Compenso previsto? Quattrocentosessantaquattromila dollari.
La Washington Software Inc annovera già tra i suoi clienti diversi Dipartimenti del governo Usa, agenzie governative e multinazionali come IBM e Lockheed Martin. Il contratto, della validità di due anni, ha avuto inizio il 15 Settembre scorso. Più precisamente, la compagnia di Tlc dovrà diffondere 24.000 messaggi a settimana (e comunque mai meno di 1800); quantità che però potrebbe aumentare in rapporto all’ulteriore ampliamento della diffusione di cellulari sull’isola.
A cosa servono? Ad inondare di SMS non richiesti i cellulari cubani. Messaggi spam con una duplice, chiara finalità: diffondere propaganda politica Usa e stressare tecnologicamente l’impresa cubana di telefonia, che sarà costretta ad attivare difese tecnologiche per impedire che i manualetti della CIA diventino una sorta di spam quotidiano per i telefoni cubani.
Allo scopo, stando alla lettera del contratto, la Washington Software Inc. dovrà progettare e rendere operativo un software per gestire l’invio di messaggi dagli Usa verso Cuba, e detto software dovrà prevedere la possibilità di manipolazione e sostituzione di “parole chiave” per aggirare la censura. I messaggi dovranno essere inviati in spagnolo e in inglese attraverso l’interfaccia web e la rete telefonica, in modo tale da non consentire il danneggiamento durante l’invio. In ultimo, visto che gli affari sono affari, la Washington Software Inc “ non potrà detenere, distribuire, utilizzare o cedere a terzi i numeri, che sono proprietà esclusiva della BBG”.
Che un’agenzia statunitense fosse proprietaria dei numeri telefonici cubani è un’altra delle centinaia di tesi stravaganti e criminogene che gli Usa fanno discendere dall’assunto secondo il quale Cuba è territorio espropriato illegalmente agli Stati Uniti, come recita la legge Helms-Burton. E dunque ovviamente, come in ogni manifestazione dell’odio sincopato di Washington verso L’Avana, la sfacciata illegalità dell’iniziativa è questione assolutamente secondaria.
Ma, ad ogni buon conto, i difensori della privacy (quando è la loro), di fronte alle obiezioni di natura legale che la Washington Software Inc. ha posto sull’iniziativa, hanno rapidamente chiarito ogni dubbio. Il giornalista statunitense Tracey Eaton, tramite il sito Cubamoneyproject, ha pubblicato quanto intercorso tra l’agenzia committente e la società incaricata.
Alla società di Tlc, che chiedeva se l’Amministrazione Usa assumesse “ogni responsabilità legale per l’invio illecito di questi messaggi, e se esistessero fondate considerazioni legali circa la possibilità che un provider dev’essere pienamente cosciente delle sue azioni”, la BBG ha risposto che “l’Agenzia assume la responsabilità legale del contenuto dei messaggi”.
Insomma, la BBG viola flagrantemente ogni obbligo di legge nello svolgimento della sua attività e, consapevole di ciò, invece di rifiutarsi chiede solo all’Amministrazione di farsi carico dell’inevitabile contenzioso in sede internazionale. Non è chiaro, quindi, quale delle due entità statunitensi - BBG e Washington Software Inc. - sia piùcolpevole, ma in compenso è chiaro chi paga e chi, nel caso, pagherà.
La BBG, d’altra parte, non è nuova a questo tipo di commesse contro Cuba. E’ infatti la stessa struttura che gestisce le trasmissioni di Radio Martì, l’emittente del terrorismo cubano-americano voluta da Reagan (così come volle la FNCA) che da Miami trasmette illecitamente verso l’isola. C’è da dire che sia Radio Martì che Tele Martì non corrono certo il rischio di un audience esaltante: l’unico dato certo è il costo per i contribuenti americani, che si aggira sui 600 milioni di dollari. Da quando Obama è alla Casa Bianca, le ore di trasmissione sono aumentate, raggiungendo le 2243 ore settimanali, ma nessuno a Cuba se n’è accorto. La situazione é questa: i cubani non la sentono, ma gli americani la strapagano.
Le centinaia di milioni di dollari che un’economia agonizzante come quella statunitense si trova costretta a sborsare per finanziare le ambizioni radiotelevisive di un manipolo di terroristi sono del resto solo una parte di quanto il governo Usa spende annualmente per finanziare le gang cubanoamericane della Florida. Da Reagan a Obama la musica non è cambiata: il fatto che lo Stato della Florida sia uno di quelli decisivi ai fini dell’esito elettorale nella battaglia per la Casa Bianca, determina identico sentimento d'identificazione verso i gusanos, tanto da parte repubblicana che democratica.
Quest’ultimo atto di pirateria internazionale s’iscrive probabilmente nel nuovo glossario del Presidente Obama, che solo pochi giorni prima aveva dichiarato che “è ora che qualcosa cambi a Cuba”. Difficile che ciò avvenga per l’intensità dei messaggini via cellulare e difficile anche che questi contribuiscano a formare un gruppo dirigente ostile al governo. Il disprezzo generale che accompagna i figuranti statunitensi travestiti da dissidenti, infatti, non ha bisogno di essere ulteriormente sollecitato dalla ricezione di spam sui cellulari cubani. E questo lo sanno bene persino gli stessi diplomatici Usa, che hanno allertato ripetutamente circa il sentiment generale che ruota intorno ai loro mercenari sull’isola.
Il tentativo sembra piuttosto quello di cercare disperatamente di scavalcare con l’iniziativa diretta l’incapacità cronica di assumere un ruolo da parte dei "dissidenti" a libro paga. “Crediamo più legittimo ed efficace che il cambio di regime sia perseguito da un movimento interno che non dagli Stati Uniti o da altre potenze straniere” ha detto Ben Rhodes, Consigliere di Barak Obama, in risposta a chi chiedeva quanto sia stato decisivo il contributo dei missili Nato nella vittoria del Cnt libico.
E’ tutta qui la questione: si vorrebbero ripetere le operazioni riuscite in alcuni paesi dell’Est Europa e, più violentemente, in Libia, come se la realtà di Cuba avesse anche solo un elemento che possa dirsi comune. Ma quando si costruiscono le politiche sulla base dei desiderata della gusaneria di Miami, continuare a pestare la testa contro il muro (come dal 1959 ad oggi) diventa inevitabile.
Non è chiaro se ci fanno o ci sono, ma è chiaro che pensano a Cuba e vedono la Libia. Ed è altrettanto chiaro che la fine del film sarà la solita di quello già visto in questi ultimi 50 anni: l’ennesimo Presidente che entra alla Casa Bianca promettendo di riconquistare Cuba agli Stati Uniti e che esce dalla Casa Bianca senza disporre né di Cuba né degli Stati Uniti.
 

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