giovedì 31 ottobre 2013

Ilva: le 10 date che hanno fatto tremare la fabbrica

Inchiesta nata quattro anni fa, 15 mesi di arresti e sequestri


Poco meno di quattro anni di indagini, gran parte delle quali confluite in un'unica inchiesta, e 15 mesi di provvedimenti e battaglie giudiziarie: è la storia recente dell'Ilva di Taranto, colosso siderurgico oggi nelle mani di un commissario straordinario nominato dal governo, Enrico Bondi. Ecco le tappe degli ultimi 15 mesi cruciali che hanno portato alla chiusura dell'inchiesta per disastro ambientale.
26 LUGLIO 2012. Su provvedimento del gip Patrizia Todisco, chiesto dalla Procura, viene posta sotto sequestro l'area a caldo del Siderurgico (parchi minerali, cokerie, agglomerazione, altoforni, acciaierie e Gestione materiali ferrosi). Per le aree sequestrate vengono nominati quattro custodi giudiziari. In otto finiscono agli arresti domiciliari: tra di loro il 'patron' dell'Ilva, Emilio Riva, il figlio Nicola, l'ex direttore di stabilimento Luigi Capogrosso e altri dirigenti. I provvedimenti sono stati preceduti da un incidente probatorio, conclusosi il 30 marzo, nel quale da alcune perizie sono emersi dati allarmanti sulla situazione ambientale della città e per la salute dei suoi abitanti.
26 NOVEMBRE 2012. Arrivano altre due ordinanze di custodia cautelare. Destinatari della prima sono Emilio Riva, il figlio Fabio (vice presidente di Riva Fire, holding del gruppo) che però non viene rintracciato, ancora Capogrosso, l'ex dirigente Ilva Girolamo Archinà, l'ex perito del Tribunale Lorenzo Liberti (gli ultimi due per un presunto caso di corruzione da 10mila euro). Per alcuni indagati c'è l'accusa di associazione per delinquere finalizzata al disastro ambientale. In questa ordinanza il gip fa riferimento al governatore della Puglia, Nichi Vendola, del quale sarebbe stata la ''regia'' per ''far fuori'' il dg di Arpa Puglia Giorgio Assennato, funzionario sgradito all'Ilva. Arresti domiciliari per l'ex assessore all'Ambiente della Provincia di Taranto Michele Conserva e per un ingegnere, Carmelo Dellisanti. Ma c'è anche, e soprattutto, un decreto del gip che fa sequestrare un milione e 700mila tonnellate di prodotti finiti e semilavorati giacenti sulle banchine dell'Ilva che l'azienda ha realizzato con gli impianti sotto sequestro senza facoltà d'uso. Tra gli indagati compaiono il presidente dell'Ilva, Bruno Ferrante, e il direttore di stabilimento, Adolfo Buffo. Nell'inchiesta finiscono anche il sindaco di Taranto, Ippazio Stefano, un sacerdote e un poliziotto. L'Ilva reagisce annunciando la chiusura della fabbrica: resterà un annuncio. I finanzieri cominciano a fare accertamenti sulla vecchia Aia del 4 agosto 2011, sostituita nell'ottobre 2012 da quella voluta dal ministro dell'Ambiente Corrado Clini.
10 DICEMBRE 2012. La Procura di Taranto chiede un mandato di arresto europeo per Fabio Riva, dopo che la Guardia di Finanza ha consegnato un verbale di vane ricerche e il manager Ilva è stato dichiarato ufficialmente latitante.
27 DICEMBRE 2012. La magistratura ionica decide di ricorrere alla Corte Costituzionale contro il decreto 207, convertito nella legge 231 il 24 dicembre, che consente all'Ilva di commercializzare anche i prodotti realizzati prima dello stesso decreto, cioè anche quelli sequestrati il 26 novembre.
22 GENNAIO 2013. Fabio Riva non è più latitante. Rintracciato a Londra, negli uffici di Scotland Yard gli viene notificato il mandato di arresto europeo. Torna subito in libertà vigilata dietro cauzione (si parla di 100mila sterline). Le procedure per la sua eventuale estradizione sono ancora in corso; prossima udienza a Londra è fissata per gennaio 2014. Intanto il gip Todisco, decidendo sull'istanza di dissequestro dei prodotti avanzata dall'Ilva, solleva questione di legittimità costituzionale della legge 231 e invia gli atti a Roma. Pochi giorni prima stessa cosa aveva fatto il Tribunale di Taranto.
9 APRILE 2013. La Corte Costituzione rigetta i ricorsi di legittimità sulla legge 231, dichiarandoli in parte inammissibili e in parte non fondati. Un mese dopo, il 9 maggio, motivando la decisione la Consulta scriverà che la legge 231 ''non stabilisce alcuna immunità penale'' per il periodo indicato dall'Aia, cioè 36 mesi.
15 MAGGIO 2013. Nell'ambito dell'inchiesta 'Ambiente svenduto', parallela a quella 'madre' sull'Ilva, vengono arrestati il presidente della Provincia di Taranto, Giovanni Florido, l'ex assessore provinciale all'Ambiente, Michele Conserva, Girolamo Archinà e l'ex dg della provincia di Taranto, ora segretario generale del Comune di Lecce, Vincenzo Specchia. All'origine, presunte pressioni su un funzionario dell'ente per rilasciare l'autorizzazione per l'utilizzo da parte dell'Ilva della discarica 'Mater Gratiae'.
24 MAGGIO 2013. Il gip Todisco dispone il sequestro per equivalente di beni, quote societarie e denaro fino alla concorrenza di 8.1 miliardi di euro nei confronti di Riva Fire e anche Ilva, ma salvaguardando la produzione. E' la somma che il gruppo Riva avrebbe risparmiato dal 1995 (anno di acquisizione della Italsider pubblica) non adeguando gli impianti alle normative ambientali.
26 LUGLIO 2013. Per decorrenza dei termini di custodia cautelare, tornano in libertà dopo un anno Emilio Riva, suo figlio Nicola e Capogrosso. Hanno tutti l'obbligo di dimora.
6 SETTEMBRE 2013. La Guardia di Finanza arresta cinque persone, non alle dirette dipendenze dell'Ilva, ritenute i 'fiduciari' della famiglia Riva, che avrebbero costituito una sorta di governo-ombra dello stabilimento siderurgico, dando disposizioni e bypassando anche i dirigenti ufficiali.
(ANSA)

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