domenica 30 giugno 2013

Il popolo delle scimmie.


Trascrivo qui uno scritto di Gramsci che apparve nel suo giornale. Correva l'anno 1921 ed eravamo nella fase della nascita di un "nuovo" movimento di persone indignate, affrante dalla politica, in piena crisi, e contro la corruzione che dilagava nel parlamento. Roba già sentita vero? Leggetelo attentamente, e contestualizzatelo. Magari alcuni voi elettori indignati e magari "antifascisti" potrebbero scoprire che il "germe fascista" si è insinuato all'interno del pensiero e a vostra insaputa. Soffermatevi sul linguaggio dei reazionari che prendevano in prestito simboli e linguaggi di sinistra. Sono i capricci isterici del "popolo delle scimmie".



Il fascismo è stata l'ultima "rappresentazione" offerta dalla piccola borghesia urbana nel teatro della vita politica nazionale. La miserevole fine dell'avventura fiumana è l'ultima scena della rappresentazione. Essa può assumersi come l'episodio più importante del processo di intima dissoluzione di questa classe della popolazione italiana. 

Il processo di sfacelo della piccola borghesia si inizia nell'ultimo decennio del secolo scorso. La piccola borghesia perde ogni importanza e scade da ogni funzione vitale nel campo della produzione, con lo sviluppo della grande industria e del capitale finanziario: essa diventa pura classe politica e si specializza nel "cretinismo parlamentare". 

Questo fenomeno che occupa una gran parte della storia contemporanea italiana, prende diversi nomi nelle sue varie fasi: si chiama originalmente "avvento della sinistra al potere", diventa giolittismo, è lotta contro i tentativi kaiseristici di Umberto I, dilaga nel riformismo socialista. La piccola borghesia si incrosta nell'istituto parlamentare: da organismo di controllo della borghesia capitalistica sulla Corona e sull'Amministrazione pubblica, il Parlamento diviene una bottega di chiacchiere e di scandali, diviene un mezzo al parassitismo. 

Corrotto fino alle midolla, asservito completamente al potere governativo, il Parlamento perde ogni prestigio presso le masse popolari. Le masse popolari si persuadono che l'unico strumento di controllo e di opposizione agli arbitri del potere amministrativo è l'azione diretta, è la pressione dall'esterno. La settimana rossa del giugno 1914 contro gli eccidi, è il primo grandioso intervento delle masse popolari nella scena politica, per opporsi direttamente agli arbitrii del potere, per esercitare realmente la sovranità popolare, che non trova più una qualsiasi espressione nella Camera rappresentativa: si può dire che nel giugno 1914 il parlamentarismo è, in Italia, entrato nella via della sua organica dissoluzione e col parlamentarismo la funzione politica della piccola borghesia. 

La piccola borghesia, che ha definitivamente perduto ogni speranza di riacquistare una funzione produttiva (solo oggi una speranza di questo genere si riaffaccia, coi tentativi del Partito popolare per ridare importanza alla piccola proprietà agricola e coi tentativi dei funzionari della Confederazione generale del Lavoro per galvanizzare il morticino-controllo sindacale) cerca in ogni modo di conservare una posizione di iniziativa storica: essa scimmieggia la classe operaia, scende in piazza. 

Questa nuova tattica si attua nei modi e nelle forme consentiti ad una classe di chiacchieroni, di scettici, di corrotti: lo svolgimento dei fatti che ha preso il nome di "radiose giornate di maggio", con tutti i loro riflessi giornalistici, oratori, teatrali, piazzaioli durante la guerra, è come la proiezione nella realtà di una novella della jungla del Kipling: la novella del Bandar-Log, del popolo delle scimmie, il quale crede di essere superiore a tutti gli altri popoli della jungla, di possedere tutta l'intelligenza, tutta l'intuizione storica, tutto lo spirito rivoluzionario, tutta la sapienza di governo, ecc., ecc. 

Era avvenuto questo: la piccola borghesia, che si era asservita al potere governativo attraverso la corruzione parlamentare, muta la forma della sua prestazione d'opera, diventa antiparlamentare e cerca di corrompere la piazza. Nel periodo della guerra il Parlamento decade completamente: la piccola borghesia cerca di consolidare la sua nuova posizione e si illude di aver realmente ucciso la lotta di classe, di aver preso la direzione della classe operaia e contadina, di aver sostituito l'idea socialista, immanente nelle masse, con uno strano e bislacco miscuglio ideologico di imperialismo nazionalista, di "vero rivoluzionarismo", di "sindacalismo nazionale". L'azione diretta delle masse nei giorni 2-3- dicembre, dopo le violenze verificatesi a Roma da parte degli ufficiali contro i deputati socialisti, pone un freno all'attività politica della piccola borghesia, che da quel momento cerca di organizzarsi e di sistemarsi intorno a padroni più ricchi e più sicuri che non sia il potere di Stato ufficiale, indebolito e esaurito dalla guerra. 

L'avventura fiumana è il motivo sentimentale e il meccanismo pratico di questa organizzazione sistematica, ma appare subito evidente che la base solida dell'organizzazione è la diretta difesa della proprietà industriale e agricola dagli assalti della classe rivoluzionaria degli operai e dei contadini poveri. Questa attività della piccola borghesia, divenuta ufficialmente "il fascismo", non è senza conseguenza per la compagine dello Stato. Dopo aver corrotto e rovinato l'istituto parlamentare, la piccola borghesia corrompe e rovina gli altri istituti, i fondamentali sostegni dello Stato: l'esercito, la polizia, la magistratura. 

Corruzione e rovina condotte in pura perdita, senza alcun fine preciso (l'unico fine preciso avrebbe dovuto essere la creazione di un nuovo Stato: ma il "popolo delle scimmie" è caratterizzato appunto dall'incapacità organica a darsi una legge, a fondare uno Stato): il proprietario, per difendersi, finanzia e sorregge una organizzazione privata, la quale per mascherare la sua reale natura, deve assumere atteggiamenti politici "rivoluzionari" e disgregare la più potente difesa della proprietà, lo Stato. La classe proprietaria ripete, nei riguardi del potere esecutivo, lo stesso errore che aveva commesso nei riguardi del Parlamento: crede di potersi meglio difendere dagli assalti della classe rivoluzionaria, abbandonando gli istituti del suo Stato ai capricci isterici del "popolo delle scimmie", della piccola borghesia. 

La piccola borghesia, anche in questa ultima incarnazione politica del "fascismo", si è definitivamente mostrata nella sua vera natura di serva del capitalismo e della proprietà terriera, di agente della controrivoluzione. Ma ha anche dimostrato di essere fondamentalmente incapace a svolgere un qualsiasi compito storico: il popolo delle scimmie riempie la cronaca, non crea storia, lascia traccia nel giornale, non offre materiali per scrivere libri. La piccola borghesia, dopo aver rovinato il Parlamento, sta rovinando lo Stato borghese: essa sostituisce, in sempre più larga scala, la violenza privata all' "autorità" della legge, esercita (e non può fare altrimenti) questa violenza caoticamente, brutalmente, e fa sollevare contro lo Stato, contro il capitalismo, sempre più larghi strati della popolazione. 


Antonio Gramsci 
"L'Ordine Nuovo", 2 gennaio 1921




Intervista di Christian Elia al presidente di A Buon Diritto, Luigi Manconi, rispetto alla proposta del ministro della Giustizia Severino
''Recuperare efficienza risparmiando: questo é l'obiettivo ambizioso ma forse sintomatico dell'azione di questo Governo. Lo stato dell'economia ci impone di essere efficienti e di affrontare i problemi in maniera efficace''. Questo è quanto ha dichiarato il ministro della Giustizia Paola Severino durante la sua audizione in commissione Giustizia alla Camera nei giorni scorsi. La soluzione, secondo lei, potrebbe essere il braccialetto elettronico. ''Non è mia intenzione rinnovare la convenzione senza una verifica dei costi e dei benefici'', ha dichiarato il ministro, riferendosi al canone annuo di circa 11 milioni di euro che lo Stato paga alla Telecom per 450 kit per il controllo a distanza dei condannati (la convenzione scade a dicembre). ''Dalle primissime proiezioni sembra che se riuscissimo ad applicare il braccialetto a un numero significativo di persone, che altrimenti dovrebbero essere detenute in carcere, allora ci sarebbe una convenienza economica''.
Sull'argomento PeaceReporter ha intervistato il sociologo Luigi Manconi, presidente di A Buon Diritto, associazione da lui fondata nel 2001, che si occupa del mondo del carcere.
Cosa ne pensa del braccialetto elettronico?Si sostiene che in alcuni paesi stranieri abbia dato qualche risultato positivo, ma resto comunque estremamente scettico. Il costo di un braccialetto sembra essere assai elevato, la sua manutenzione assai delicata, per questo l'utilizzo non è diffuso come si possa credere. Là dove è utilizzato come negli Stati Uniti, non avviene su scala così ampia come si è detto in questi giorni. Non lo definisco uno strumento degradante, ma mortificante si. Se questo è vero, il ricorso al braccialetto elettronico si può giustificare solo in casi di estrema necessità, quindi non come misura generalizzata, e solo se si rivela l'unico strumento per raggiungere il fine perseguito. Solo che è proprio qui che emerge la contraddizione: qual'è il fine perseguito? Se fosse quello di impedire o limitare l'evasione dalla detenzione domiciliare (dopo la sentenza) o dagli arresti domiciliari (prima della sentenza) va tenuto presente che si tratta di un numero di casi irrilevanti da un punto di vista statistico. Tanto quanto è irrilevante la percentuale dei mancati ritorni dai benefici, come i permessi premio. Tentando sempre, disperatamente a volte, di tenere insieme concezione teorica e applicazione pragmatica delle idee, posso prendere in considerazione uno strumento che ritengo pericoloso per la dignità della persona, ma solo quando se ne dimostri l'assoluta necessità. Se però teniamo presente che le persone agli arresti domiciliari che commettono reati o che non ritornano dai permessi sono meno del 2 percento del totale, mi chiedo se valga la pena di compromettere la tutela della dignità delle persone e di affrontare una spesa enorme. Se, invece, venisse detto che a fronte di 68mila persone in carcere se ne mandano alla detenzione domiciliare la metà, con il braccialetto elettronico, prenderei in considerazione l'ipotesi. Perché coloro che stanno in cella 23 ore su 24 preferirebbero certamente stare a casa con il braccialetto. Differente parlare di braccialetto solo per coloro che potrebbero scontare a casa gli ultimi dodici mesi della pena.
Il problema è drammatico. Quali sono i numeri dell'emergenza carcere?
Abbiamo una presenza nelle carceri, nell'intero sistema penitenziario italiano, attorno alle 68mila persone. Questo rispetto a una capienza regolamentare di 43mila posti previsti. Di questa seconda cifra, inoltre, si fa un indecoroso stiracchiamento, del tutto immotivato, se la si confronta ai dati reali dell'edilizia carceraria, perché quando si dice che la capienza regolamentare è superiore ai 43mila posti si parla di celle dove si è passati da un letto magari a un letto a castello che arriva fino al terzo piano. E' evidente che se noi violiamo tutti i più elementari diritti di sopravvivenza degli esseri umani, la capienza regolamentare può essere espansa artificialmente.
Il risultato è comunque semplice: abbiamo 43mila posti regolamentari, occupati da 68mila persone. Questi sono i numeri, che non possono essere contestati.
Il sovraffollamento emerge come l'aspetto più grave?
Il sovraffollamento non è una categoria che funziona allo stesso modo per il sistema penitenziario italiano e per le spiagge dell'Adriatico in estate. Quest'ultimo comporta una libera scelta e prevede un termine. Sovraffollamento, in carcere, significa non solo una promiscuità di corpi che si affollano, si addensano, si ostacolano reciprocamente. In carcere, sovraffollamento vuole dire che lo standard dei servizi offerti da quella struttura, pensata per 43mila persone, diventano nel tempo destinati a un numero di persone tale da determinarne la caduta rovinosa in termini di qualità. L'assistenza sanitaria, la scuola, le attività di socializzazione, di formazione e di ricreazione, fino agli incontri con i familiari diventano un bene scarso. Una risorsa che perde qualità e che peggiora sensibilmente e in maniera irreparabile. Diventa impossibile parlare di qualità della vita all'interno del carcere. C'è, come diceva Hannah Arendt, la nuda vita. Resta la mera sopravvivenza, corpi reclusi, che continuano a stare reclusi, nutrendosi malamente, sopravvivendo a stento a malattie e fatiche, alla miseria crescente e alla mancanza di igiene. Questo è il sovraffollamento e non lo si risolve, come ha pensato il governo Berlusconi, annunciando la creazione di 2mila posti letto in più, perché in tre anni non siamo riusciti a sapere con certezza quanti ne siano stati occupati e quanti sono stati solo ricavati da strutture precedenti, magari non utilizzabili per carenza di personale. Il governo Berlusconi, dopo aver dichiarato l'emergenza carceri, ha annunciato un piano carcere per ben tredici volte. L'unico risultato raggiunto dal precedente esecutivo, è stato quello di prevedere l'apertura del carcere di Gela, progetto che risale al 1957. Questo la dice lunga rispetto a cosa significhi affidare la soluzione del sovraffollamento alla costruzione di nuove carceri.
Il sovraffollamento è l'unico problema?
Nell'universo carcere hanno trovato la morte, nell'arco di dieci anni, 1900 persone. Di queste, una percentuale rilevantissima ha trovato la morte suicidandosi. Questi sono i numeri del carcere, che possiamo esemplificare anche in altri modi. Una carenza assoluta di personale, non solo di polizia penitenziaria, ma educatori, operatori sociali, psicologi. In molte carceri italiane, il tempo che lo psicologo può destinare al detenuto - in relazione al proprio orario di lavoro retribuito- è di circa un minuto al mese. Questi sono i dati. In questa spaventosa situazione, dove i corsi scolastici si riducono, dove la miseria crescente priva alcuni istituti anche della carta igienica, acquistata in proprio dai detenuti, dove l'assistenza sanitaria peggiora a vista d'occhio, si deteriora la condizione di vita anche degli agenti di polizia penitenziaria. E' cresciuto in maniera rilevante, tra questi, il numero dei suicidi.
Qual'è la soluzione?E' vero che il carcere ha bisogno di riforme strutturali, come hanno sempre detto tutti quelli che studiano per davvero il mondo del carcere, compreso il presidente della repubblica Giorgio Napolitano a luglio di quest'anno. Per me gli interventi sono due: ridurre il numero dei comportamenti e degli atti che sono definiti reato e diminuire il numero dei reati che comportano come sanzione la detenzione in cella. Depenalizzazione e decarcerizzazione. Queste sono le due sole vie capaci di riformare il mondo del carcere sul lungo periodo. Per fare tutto questo, però, è prima necessario conquistare un minimo di normalità. Che si ottiene, oggi, solo con l'amnistia e l'indulto. La legge 241/2006 sull'indulto, diffamata e vilipesa, ha dato risultati credibili producendo una riduzione - seppur temporanea - del sovraffollamento e una recidiva dei beneficiari che si attestò sul 33,92 percento, rispetto a quella ordinaria del 68 percento.

Da Peace Reporter

I prigionieri delle carceri federali che guadagnano ventitre centesimi di dollaro l’ora stanno producendo componenti high-tech per missili Patriot a lunga gittata, rampe di lancio per i missili anti-carro TOW (Tube-launched, Optically tracked, Wire-guided) e altri sistemi missilistici. Un articolo, pubblicato lo scorso marzo dal giornalista e ricercatore finanziario Justin Rohrlich di World in Reviews, merita una lettura attenta per capire tutte le implicazioni di questo inquietante sviluppo (minyanville.com)
La diffusione dell’utilizzo di carceri-fabbriche, che pagano salari da schiavi, per incrementare i profitti dei giganti corporativi militari, è un attacco frontale ai diritti di tutti i lavoratori.
Il lavoro carcerario, senza garanzie sindacali, straordinari, vacanze, pensioni, benefit, garanzie sulla salute e sicurezza o la Social Security, fabbrica anche componenti per i caccia bombardieri F-15 della McDonnell Douglas/Boeing, per gli F-16 della General Dynamics/Lockheed Martin e per gli elicotteri Cobra della Bell/Textron. Il lavoro carcerario produce occhiali per la vista notturna, giubbotti antiproiettile, mimetiche, strumenti radio e di comunicazione, sistemi d’illuminazione, componenti per i cannoni antiaerei da 30 mm a 300 mm insieme a spazza-mine e materiale elettro-ottico per tracciatori laser della BAE Systems Bradley Fighting Vehicle. I prigionieri riciclano il materiale elettronico tossico e revisionano i mezzi militari.
Il lavoro nelle prigioni federali è appaltato alla UNICOR, già conosciuta in precedenza come Federal Prison Industries, una corporazione in parte pubblica e a fine di lucro diretta dal Bureau of Prisons. In quattordici fabbriche carcerarie, più di tremila prigionieri producono materiale elettronico per la comunicazione terrestre, marina e aerea. L’UNICOR ora è il trentanovesimo assegnatario più grande del governo, con 110 fabbriche in 79 istituti penitenziari.
(…)
Le maggiori compagnie che traggono profitto dal lavoro carcerario comprendono Motorola, Compaq, Honeywell, Microsoft, Boeing, Revlon, Chevron, TWA, Victoria’s Secret ed Eddie Bauer.
IBM, Texas Instruments e Dell si fanno costruire i pannelli elettrici dai prigionieri del Texas. I reclusi del Tennessee hanno cucito jeans per Ksmart e JCPenney. Decine di migliaia di giovani che distribuiscono hamburger per un salario minimo da McDonald’s vestono uniformi cucite da lavoratori carcerati, che sono costretti a lavorare per molto meno.
In California, come in molti Stati, i prigionieri che si rifiutano di lavorare vengono spostati negli istituti disciplinari, perdono il diritto alla mensa e i crediti per rientrare nel programma di benefici per buona condotta, il “Good Time”, che allevia le loro sentenze.
Gli abusi sistematici, i pestaggi, l’isolamento prolungato e la deprivazione sensoriale, la mancanza di cure mediche rendono quelle americane tra le peggiori prigioni al mondo. Ironicamente, lavorare a condizioni estenuanti per qualche centesimo l’ora è considerato come una sorta di “premio” per buona condotta.
(…)
Nella spietata ricerca di massimizzare i profitti e di accaparrarsi ogni possibile fonte di guadagno, quasi ogni agenzia pubblica e di servizio sociale è stata esternalizzata a contractors privati in cerca di profitti.
(…)
La creazione di centinaia di carceri a scopo di lucro è tra le più raccapriccianti privatizzazioni.
La popolazione internata in queste prigioni private a scopo di lucro è triplicata nel periodo compreso tra il 1987 e il 2007. Nel 2007 c’erano 264 prigioni di questo tipo che avevano in custodia circa 99.000 prigionieri adulti (house.leg.state.mn.us, 24 febbraio 2009). Tra le aziende che operano in questi luoghi ci sono la Corrections Corporation of America, il GEO Group Inc. e il Community Education Centers.
I titoli obbligazionari delle prigioni garantiscono un profitto per gli investitori capitalisti come Merrill-Lynch, Shearson Lehman, American Express e Allstate. I prigionieri vengono barattati e spostati da uno Stato all’altro a seconda della convenienza degli accordi commerciali.
(…)



Di  Tyler Durden
http://www.zerohedge.com
Mercoledì scorso, nessuno ha riportato la notizia che una squadra di 8 jet F-15 Israeliani ha sganciato 4 bombe da 2 tonnellate sulla grande fabbrica di missili (Yarmouk) alla periferia di Khartoum capitale del Sudan. Cosa che voleva Israele. Perché ciò che altrimenti sarebbe un'incursione provocatoria equivalente ad un atto di guerra (se solo il Sudan non fosse un paese disgraziato), non era altro che una prova per un attacco Israeliano contro l'Iran. Almeno secondo il Sunday Times. «Un bombardamento Israeliano a lungo raggio la scorsa settimana, che è stato considerato come una prova generale per un attacco imminente agli impianti nucleari Iraniani, ha distrutto una fabbrica di missili balistici (gestita dall'Iran) in Sudan.... Il raid, in cui sono morte due persone, ha scatenato il panico in tutta la città. Testimoni hanno detto di aver sentito una serie di forti esplosioni seguite dall'esplosione di munizioni. "E' stato un doppio impatto — prima l'esplosione della fabbrica e poi sono iniziate a volare munizioni nel quartiere," ha detto Abd-al Ghadir Mohammed, 31 anni, un residente. "La terra tremava. Alcune case sono state gravemente danneggiate".» E... non importa a nessuno. Qui lasciamo immaginare ai lettori l'orrore epico e il terrore profondo con cui sarebbe stata accolta la notizia secondo cui l'Iran avrebbe condotto un attacco preventivo contro Israele facendo saltare in aria una fabbrica di missili in Turchia, uccidendo due persone innocenti.

Un riassunto dell'attacco in questa immagine:





Questo è tutto quello che è rimasto della fabbrica Sudanese dopo la sedicente punizione Israeliana (perché i confini nazionali sono per idioti):





Ecco il post-mortem dell'operazione che è avvenuta 4 giorni fa attraverso Voice of Russia:

L'attacco è avvenuto nel primo mattino del 24 Ottobre, quando otto jet F-15 Israeliani — quattro dei quali trasportavano due bombe da una tonnellata, scortati da quattro combattenti — ha colpito un gigantesco sito missilistico (Yamrouk). L'evidenza è che questo attacco è una prova generale prima dell'attacco Israeliano contro gli impianti nucleari Iraniani.

Secondo fonti Occidentali della difesa, il volo di ritorno da 2,400 miglia ha richiesto quattro ore agli Israeliani, con i jet che volvaano verso sud lungo il Mar Rosso. Gli aerei sono entrati nello spazio aereo Sudanese da est per evitare le difese missilistiche dell'Egitto.

L'operazione anti-Iraniana ha preso il via due anni fa, quando gli agenti del Mossad hanno ucciso un uomo d'affari Palestinese e legato a Hamas, Mahmoud Al-Mabhouh, in un hotel di Dubai, mentre recuperava una valigia con un accordo militare tra Iran e Sudan, in cui Khartoum offriva a Teheran i suoi siti militari per costruire armi.

La struttura di Yamrouk produceva missili balistici Shahab, che dovevano poi essere consegnati ai ribelli di Hamas nella Striscia di Gaza e in altre regioni del Medio Oriente.

In altre parole: aggiungete l'invasione Israeliana dell'Iran nella lista delle "Cose da Fare," insieme al Grexit, la richiesta ufficiale di salvataggio della Spagna, il Congresso Cinese, la recrudescenza territoriale tra Giappone e Cina, il Fiscal Cliff, e lo sfondamento del tetto del debito, il più presto possibile dopo l'elezione del 6 Novembre.

E tutto questo, naturalmente, assumendo che infine Sky Net non abbia il sopravvento, quando resteranno solo i robot a fare trading.

 Traduzione di Francesco Simoncelli

Fonte:http://www.zerohedge.com/news/2012-10-28/israel-conducts-air-strike-sudan-missile-base-dry-run-iran-attack

http://johnnycloaca.blogspot.it/2012/11/isreaele-conduce-un-attacco-aereo-su.html


http://informazioneconsapevole.blogspot.it/2012/11/isreaele-conduce-un-attacco-aereo-su.html

Intervista di Marcello Pamio a Stefano Cagno

Di Marcello Pamio

Siamo stati - dicono - sulla Luna, abbiamo inviato sonde su alcuni pianeti del sistema solare e la tecnologia sta facendo letteralmente sognare l’uomo. Nonostante questi indubitabili passi da gigante, c’è una parte della scienza che è rimasta ferma al Medioevo e forse ancor prima: la ricerca in ambito medico.
Nell’epoca dei computer tascabili, ogni anno vengono uccisi milioni di animali per sperimentare farmaci, vaccini e nello sviluppo di apparecchiature! Centinaia di milioni di esseri viventi, tra cui topi, ratti, e cavie, ma anche conigli, cavalli, pecore, uccelli, cani, gatti e primati, vengono per così dire, immolati ogni anno, sull’altare della cosiddetta scienza, il tutto ovviamente per il nostro benessere, almeno questo è quello che ci dicono. Ma è proprio così?
Forse no, visto che, nonostante i 58.000 farmaci, gentilmente messi a disposizione dall’industria farmaceutica, per le 40.000 malattie diverse, continuiamo a morire per patologie cardiovascolari, tumorali e cronico-degenerative.
Per capirne di più, siamo andati ad intervistare il dottor Stefano Cagno, alla presentazione del suo ultimo libro Tutto quello che dovresti sapere sulla vivisezione, organizzata a Padova dalla Lav (Lega anti-vivisezione), con la presenza della d.ssa Maria Concetta Digiacomo.
Cagno è un medico chirurgo specializzato in psichiatria e lavora a Milano come dirigente ospedaliero.

Dottor Cagno, perché un libro simile? Com’è nata l’idea…

L’idea non è stata mia ma di Viviana Ribezzo, l’editrice delle Edizioni Cosmopolis. Un giorno mi propose di scrivere un libro semplice sull’argomento, ma all’inizio, per via dei troppi impegni, declinai. Poi col passare del tempo, mi sembrò una buona idea e alla fine accettai.
La sperimentazione animale - basata su preconcetti - è nata in tempi lontanissimi, dove la maggior parte delle persone non sapevano neanche leggere, ed è sopravvissuta grazie all’ignoranza, cioè alla non conoscenza delle persone. Perché non offrire a tutti uno strumento snello per cominciare ad informarsi correttamente sulla vivisezione?

Quanto è importante la conoscenza del fenomeno?

Se le persone sapessero realmente cosa accade nei laboratori di sperimentazione; se sapessero solo alcune cose, probabilmente sarebbero tutti contrari a tale abominio, e non mi riferiscono solo gli animalisti, ma a tutti quanti, anche a coloro che detestano gli animali.
Se queste persone venissero a sapere che il 92% delle sostanze chimiche che superano brillantemente la sperimentazione sugli animali NON superano poi la sperimentazione umana (obbligatoria per legge), come si comporterebbero?
Questi sono dati FDA (Food and Drug Administration).
Nel 92% dei casi, le sostanze chimiche che risultano ‘sicure’ per gli animali, non diventeranno MAI un farmaco, e questo perché nell’uomo risultano essere tossiche o non funzionano, o entrambe le cose.
Rimane un banale 8%.
Ma il 51% di questo 8%, cioè oltre la metà delle sostanze che superano la sperimentazione animale e anche quella umana, secondo l’Associazione dei medici americani, presentano gravi reazione avverse.
In pratica il 51% dei farmaci che vengono commercializzati inducono pericolosi problemi sanitari. Tradotto in numeri: 100.000 statunitensi muoiono ogni anno per quei farmaci che risultano essere sicuri negli animali!
Questo le persone devono sapere.

Perché parla di preconcetti?

La vivisezione sopravvive oggi grazie ai preconcetti che i mass-media hanno trasmesso nei decenni e nei secoli passati alle persone.
Uno di questi preconcetti è che grazie al “sacrificio” degli animali, si può procedere a scoperte scientifiche che potranno fare il bene della nostra specie. Quindi è giusto e doveroso sacrificare gli animali per il bene dell’uomo!
Questo è un vero e proprio preconcetto: non solo non c’è alcuna dimostrazione scientifica di questa affermazione, ma esistono sempre più studi che affermano il contrario, ossia che dal sacrificio degli animali si ottiene un danno agli animali stessi, e poi un danno all’uomo.

E’ più corretto parlare di vivisezione sperimentazione animale?

Sperimentazione animale e vivisezione sono due sinonimi.Paradossalmente molte persone che sperimentano su animali dicono di essere contrari alla vivisezione perché loro “sperimentano su animali”, “non sezionano gli animali da vivi”, quindi questo non li farebbe soffrire.
Ma la sofferenza di un animale non la si provoca solo sezionandolo dal vivo: ci sono mille modi diversi per farlo soffrire. Stare in una gabbia, spesso minuscola, senza relazioni sociali con la stessa specie, con la luce sempre accesa, e già questa una forma di sofferenza.
Altra cosa che dicono i ricercatori è che durante gli esperimenti “gli animali non soffrono perché vengono applicate tutte le precauzioni”...
Questo è molto interessante, perché gli stessi dati ufficiali britannici smentiscono tali affermazioni: nel 70% dei casi non viene dato né anestesia, né analgesia e nella maggioranza del rimanente 30% viene dato solo un antidolorifico.

Dopo quello che ha appena detto, come fanno i vivisettori a studiare sugli animali un farmaco contro il dolore senza farli soffrire? 

Per studiare i farmaci antidolorifici, si deve studiare il dolore, e come si fa a studiare il dolore senza indurlo nell’animale?
E’ così ovvio che è perfino banale: se non fanno soffrire un animale, non riescono a valutare se il farmaco funziona oppure no! Per esempio, per studiare le fratture, vengono spezzate le zambe agli animali. Come si fa a dire che non soffrono?
Io faccio lo psichiatria e detto tra noi, psichiatri, psicologi e fisiologi sono le categorie peggiori, quelli che fanno gli esperimenti più perversi.
Uno degli esperimenti classici in psichiatria e psicologia consiste nel prendere un animale, di solito un gatto, e impiantargli elettrodi nella testa e successivamente fargli passare la corrente elettrica.
Possiamo ancora negare che quell’animale soffra?


I vivisettori per studiare gli antidolorifici inducono il dolore negli animali, ma cosa fanno per studiare gli psicofarmaci? Come possono estrapolare dati utili per l’uomo, studiando un farmaco per il disturbo bipolare, schizofrenia o depressione su dei poveri animali?

 Gli scienziati odierni hanno la presunzione di estrapolare i dati dagli animali agli esseri umani, o da una specie ad un’altra. Questo è, per usare le parole del grande Pietro Croce, un ‘errore metodologico’.
Io in ambito psichiatrico parlo di doppio errore metodologico, perché non solo non si ha lo stesso substrato biologico, ma con gli animali non condividiamo neppure la stessa modalità di comunicazione. Non siamo in grado di comprendere il linguaggio degli animali, quindi non possiamo capire esattamente cosa vogliono comunicarci quando miagolano, ragliano, ecc.
Come fanno a studiare le patologie psichiatriche negli animali che non parlano?
Vi spiego un trucco da vero prestigiatore che finora ha funzionato bene…
Vengono date agli animali delle sostanze chimiche, per esempio allucinogeni, che fanno cambiare il loro comportamento, e poi si presume che tale cambiamento del comportamento sia indice di una malattia mentale paragonabile a quella umana.
Da sempre ci continuano a dire che i vivisettori utilizzano gli animali perché sono differenti da noi, perché non hanno lo stesso sviluppo cognitivo, ecc.
Ma quando studiano per esempio la depressione, schizofrenia, l’ansia negli animali non gli riconoscono un mondo emotivo? Se questi animali non hanno un mondo emotivo, non vivono emozioni e non soffrono, allora il discorso decade da solo. Viceversa, se ce l’hanno, allora bisogna anche porsi il problema della sofferenza.
Ma non finisce qua, perché la cosa veramente incredibile è che tutti gli psichiatri del mondo per fare una diagnosi usano il DSM, il Manuale diagnostico e statistico dei disturbi mentali.
In tale manuale c’è scritto che per ogni diagnosi devono essere soddisfatti certi criteri. Alla fine sono riportati i cosiddetti “criteri di esclusione”. Questi criteri escludono la diagnosi quando vengono soddisfatti. Sapete qual è il criterio di esclusione uguale per tutte le patologie psichiatriche? “Bisogna escludere l’assunzione di sostanze psicoattive o malattie internistiche che possono essere responsabili di quei sintomi”.
E’ chiaro? In pratica, i criteri stessi attraverso i quali si creano degli animali psicotici, depressi o ansiosi, in realtà per i clinici, sono esattamente i criteri per escludere quelle stesse malattie!
In parole povere se un essere umano è allucinato perché ha assunto un allucinogeno dico che è drogato e non schizofrenico, se invece ad un animale somministro un allucinogeno dico che è schizofrenico.
Che tipo di rapporto, vicinanza o relazione c’è tra un modello che viene creato utilizzando dei criteri che sono escludenti la stessa condizione nell’uomo?
Questa, visto l’argomento, è follia pura o totale irrazionalità.

Per i farmaci tradizionali c’è la sperimentazione su animali e poi sull’uomo: vale la stessa cosa per gli psicofarmaci?

L’iter della sperimentazione degli psicofarmaci è identica a quella per i farmaci.
Se una casa farmaceutica vuole mettere sul mercato un nuova sostanza chimica, prima la sperimenta negli animali, dopo su persone che hanno un disturbo specifico e su volontari sani, che accettano di diventare “cavie umane” per denaro...

Alla fine la sperimentazione a chi serve?

La sperimentazione su animali serve soprattutto alle industrie farmaceutiche, perché possono cambiare specie animale e cambiando specie, ottengono tutto e il contrario di tutto, quindi selezionando la specie giusta possono sempre ottenere ciò che vogliono.
Possono dimostrare che la diossina è tossica, come nell’uomo, oppure totalmente innocua. Per il porcellino d’india per esempio la diossina è letale come per l’uomo, mentre per il criceto è innocua. Quale animale le case farmaceutiche utilizzeranno per studiare la diossina: il criceto o il porcellino?
Razionalmente e fisiologicamente siamo più vicino ad un porcellino d’India o a un criceto? Quando si hanno dati decisamente opposti, come si fa a stabilire qual é il modello per l’uomo? Si sperimenta sull’uomo che diventa così la vera “cavia” sulla quale otteniamo le informazioni corrette!

Dire NO alla sperimentazione animale ha quindi un valore etico e morale nei confronti del mondo animale, da una parte, e dall’altra salutare per l’essere umano. Ma quali sono le alternative alla vivisezione?

Gli strumenti sono moltissimi, la farmaco-genomica è una.
La farmaco-genomica è quella branca della scienza che associa l’assetto genetico di una persona ad una possibile risposta ad una determinata sostanza.
Se ho un gene di un tipo piuttosto che un altro, con questa tecnica posso capire se potrò avere un vantaggio o uno svantaggio da quella sostanza specifica. Attraverso la farmaco-genomica potrei stabilire a priori chi è allergico o no alla penicillina tanto per fare un banale esempio.