domenica 29 giugno 2014

“Il computer di Antikythera
ha un gemello: ora lo troveremo”

Conto alla rovescia per la missione nell’Egeo con un sottomarino indossabile “Questa macchina super-sofisticata esplorerà per la prima volta il relitto”
Exosuit Propulso da due mini-getti può spingersi fino a una profondità massima di 300 metri

Settembre sarà il momento decisivo, quando l’estate greca dilaga ancora con i suoi colori e i suoi profumi. Gli archeologi sono convinti di trovare il secondo esemplare del più antico computer di sempre e aprire così un emozionante spiraglio su ciò che resiste alla nostra volontà di sapere: le meraviglie perdute della tecnologia del mondo classico. 

A spiegarlo è Michael Wright, curatore del «Science Museum» di Londra: tanti indizi raccolti in anni di studi lo spingono a pensare che il meccanismo di Antikythera - miracolo di miniaturizzazione racchiuso in 30 centimetri per 15 di rame - non resterà un reperto isolato, con tutti gli interrogativi e i rimpianti che una simile condizione induce.  

A scovarne un gemello nel relitto adagiato a oltre 50 metri di profondità, di fronte all’isola omonima, sarà un altro miracolo tecnologico - in questo caso del XXI secolo - battezzato «Exosuit». È un ingegnoso incrocio tra una muta da sub e un minisottomarino, creato dalla società canadese Nuytco Research. Progettato per ricerche oceanografiche (la prima prevista sarà a luglio, a caccia di creature bioluminescenti al largo della Costa Est degli Usa), ha le doti perfette per aggirarsi sui resti di una nave da carico affondata intorno al 60 a.C.: la delicatezza e l’autonomia. 

La prima è resa possibile dalle mani artificiali, capaci di manipolare oggetti sia piccoli sia grandi, scavando nel fango e recuperando frammenti che si annunciano di incalcolabile valore. La seconda qualità si deve alla futuribile struttura umanoide in alluminio: propulsa da mini-getti, può spingersi fino a 300 metri e consente ricognizioni e recuperi di precisione. Una serie di cavi la collegano ai computer - e ai tecnici - di superficie e grazie alla telecamera ad alta definizione e al sistema audio il sub-archeologo non soffrirà di sensi d’abbandono. Dialogherà in tempo reale con la «base», rimanendo in immersione per tutto il tempo necessario. Anche per 50 ore, una durata inconcepibile, ma che dà l’idea del livello di questa macchina da 1 milione e mezzo di dollari. 

Chi la piloterà sarà in grado di scendere e risalire in libertà, senza preoccuparsi delle fasi di decompressione e regalandosi quindi la sensazione di aggirarsi in un sito archeologico «friendly», quasi come si trovasse sulla terraferma. L’area è vasta, una cinquantina di metri per 10, e non è mai stata setacciata. Semmai appena sfiorata. 

Gli scopritori furono alcuni pescatori di spugne dell’Egeo e quando, a inizio Novecento, si imbatterono in quel tesoro, casualmente, sfidarono più volte la morte. Anche per loro il limite dei 40-50 metri di profondità rappresentava una soglia tra la vita e la morte. Trovarono statue di marmo e di bronzo, oltre ai pezzi di quello che sarebbe stato ribattezzato il «primo computer analogico», e i loro racconti lasciarono libero sfogo alle fantasie. Solo tre quarti di secolo più tardi, nel 1976, altri occhi tornarono a posarsi sul relitto. Erano quelli di Jacques Cousteau e dell’equipaggio della «Calypso», ma non riuscirono a prolungare le immersioni mai più 10 di minuti. E così mancarono le scoperte tanto attese. Ecco perché l’arrivo di «Exosuit» sta creando eccitazione. 

La scarsità di tempo, però, si farà sentire anche stavolta, sebbene in forma diversa. Il «sommergibile indossabile» sarà a disposizione della missione «Return to Antikythera» - realizzata dal governo greco in collaborazione con la Woods Hole Oceanographic Institution degli Usa - per non più di un paio di settimane. E visto che si tratta di un prototipo - ha sottolineato il co-direttore delle operazioni Brendan Foley - i rischi di fallimento non sono affatto azzerati. 

L’archeo-computer, così, balugina a pochi passi, ma resta imprevedibile come uno degli antichi dei a cui, forse, era dedicato. E intanto c’è chi come Wright continua a sognare sull’originale, custodito ad Atene. Non solo le sue ruote dentate calcolavano il sorgere del sole, le fasi lunari, i movimenti dei cinque pianeti conosciuti, gli equinozi, i mesi e i giorni della settimana. Anche le date dei Giochi Olimpici, secondo uno studio su «Nature» che non sarà di certo l’ultimo. 


http://www.lastampa.it/2014/06/25/scienza/tuttoscienze/il-computer-di-antikythera-ha-un-gemello-ora-lo-troveremo-MsrS1NVSIPDDCqW7M3BabM/pagina.html?ult=1

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