domenica 31 agosto 2014

Libero Grassi, l’uomo che disse di no al racket

libero grassi-R.C.- Libero Grassi e  la forza di dire di no al racket,  di denunciarne le pressioni ricevute.
Un uomo onesto e solo, che da solo ha portato avanti la sua battaglia, pagando con la vita il suo coraggio ed il desiderio di legalità.
Era il 29 agosto 1991, Grassi viene assassinato per avere rivendicato il suo diritto a svolgere la propria attività, senza sottostare a prevaricazioni e ricatti.
Nato a Catania il 19 luglio 1944 ed il nome impostogli segna il suo destino di uomo che muore per affermare la propria libertà, avendo capito che l’ostacolo maggiore allo sviluppo economico del Sud era la mafia.
 Dice di no al pizzo per salvaguardare i suoi interessi e non permettere ai mafiosi di distruggere ciò che aveva costruito con anni di sacrifici.
“Pagare significa dare forza a Cosa Nostra, ed io non lo farò”.
Lo afferma Libero Grassi, ribadendolo in una lettera aperta, pubblicata dal Giornale di Sicilia il 10 gennaio 1991 “Non pago e non sto zitto. Chi parla è sicuramente più sicuro”.
Non immagina che lo possano uccidere, ma una qualche reazione dagli uomini del racket se l’aspetta. Da quando era stato avvicinato dallo -zio Stefano-, che lo blandisce, promettendogli protezione e prosperità negli affari, ma riceve dall’imprenditore un secco rifiuto. La conseguenza sono tentativi di estorsione e minacce di attentati, in fabbrica ed a casa.
Il suo diventa un caso nazionale grazie ad una trasmissione di Rai3, nella quale, intervistato spiega “Non sono un pazzo, sono un imprenditore e non intendo pagare e condividere le mie scelte con i mafiosi. Voglio rimanere libero”.
E ancora “La mafia in Sicilia è diventata ceto dominante, dispone del consenso, quindi dispone dei voti e conseguentemente della politica. Pertanto dispone anche delle cattive leggi”.
Grassi si indigna pubblicamente con un magistrato, Luigi Russo, il quale aveva affermato, commentando una propria sentenza “Se tutti si comportassero come Grassi, in poco tempo il 90% delle aziende verrebbe dato alle fiamme”.
L’industriale replica “Vorrei solamente dire al giudice Russo, che se tutti si comportassero come me, forse si distruggerebbero gli estortori, non certo le industrie”.
A quella trasmissione,  sconcertante si aggiunge il commento dell’allora presidente dell’Unione industriali di Palermo, Salvatore Cozzo “Grassi, con la sua denuncia, ha scatenato una tammuriata, facendo apparire la Sicilia come terra di sola criminalità. Le buone famiglie tendono a tacere”.
Parole che si commentano da sole.
La sua morte porta alla nascita di diversi movimenti antiracket e di uno sportello della legalità, istituito alla Camera di Commercio, qualcuno comincia a capire che il pagare in silenzio, il non denunciare gli estortori,  sempre e comunque fornirebbe ulteriori mezzi alla criminalità organizzata, danneggiando la libertà di impresa.
La Corte d’Assise di Palermo, per l’omicidio di Libero Grassi, ha condannato all’ergastolo i capi della commissione di Cosa Nostra, Totò Riina, Bernardo Provenzano e Pietro Aglieri,
Carcere a vita anche per i fratelli Salvino e Francesco Madonia, ritenuti materialmente responsabili del delitto.

http://www.articolotre.com/2014/08/libero-grassi-luomo-che-disse-di-no-al-racket/

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