martedì 30 settembre 2014

L’allarme di Londra: «Isis può diventare una minaccia nucleare»


I peshmerga hanno lanciato attacchi su tre fronti. I miliziani a 8 miglia da Bagdad. Isis decapita 4 combattenti curdi. Gli Usa hanno speso già quasi un miliardo di dollari


(LaPresse)
(LaPresse)

Armi chimiche e nucleari nelle mani degli jihadisti. «L’Isis, se non contrastato e lasciato proliferare in Iraq e Siria, potrebbe diventare un vero Stato terroristico e arrivare a costituire anche una minaccia nucleare in quanto potrebbe dotarsi di armi chimiche, biologiche o perfino nucleari». A lanciare l’allarme è il ministro britannico degli Interni Theresa May nel suo discorso al congresso del partito conservatore a Birmingham dopo che la Gran Bretagna ha preso parte ai bombardamenti contro Isis. May ha poi annunciato nuove misure per combattere il terrorismo. Si tratta della possibilità di rendere illegali associazioni, gruppi e organizzazioni ritenute pericolose. E non si esclude inoltre il conferimento di poteri supplementari alla Polizia per perseguire singoli individui fino a bandire alcuni interventi televisivi, discorsi pubblici e attività sui social network. Tutte misure di fronte alle quali sono state sollevate molte perplessità, anche tra j componenti del partito conservatore, e soprattutto tra chi sottolinea il rischio per libertà di espressione e libertà civili, proprio come successo dopo il Patriot Act negli Stati Uniti dopo l’11 settembre.


Le spese militari di Washington
Dalla Gran Bretagna agli Stati Uniti, in prima linea nella lotta, agli Usa: secondo un rapporto del Center for Strategic and Budgetary Assessment Washington avrebbe già speso una cifra che va dai 780 milioni ai 930 milioni di dollari per debellare i jihadisti. Secondo il rapporto dell’agenzia di Washington, uno scenario con una forte presenza di truppe di terra, pari a 25 mila soldati inviati in Siria e Iraq, oltre a 200 raid aerei al mese, costerebbe da 1,1 miliardi a 1,8 miliardi al mese. Su base annua, e per quanto riguarda la campagna aerea, raid a «bassa intensità» costerebbero dai 2,4 miliardi ai 3,8 miliardi di dollari. Mentre in caso di un numero di attacchi più frequente, il costo potrebbe arrivare ad una forbice tra i 4,2 miliardi e i 6,8 miliardi l’anno. Il dossier sui costi della guerra contro il Califfato è stato pubblicato dopo che gli Stati Uniti hanno portato a termine 220 raid aerei in Iraq e 40 in Siria. Inoltre, sono stati lanciati 47 missili Tomahawk lanciati dalle navi americane, ognuno dei quali ha un costo di oltre un milione di dollari
Isis decapita 4 combattenti curdi, 3 sono donne
Sul campo intanto le forze curde hanno lanciato un’offensiva su tre fronti contro l’Isis nel nord dell’Iraq. Le operazioni militari, partite all’alba, si dispiegano a nord della città di Mosul, controllata dai jihadisti, a sud della città petrolifera di Kirkuk, e in una città al confine con la Siria. Non si è fatta attendere la risposta dello Stato Islamico: Isis ha decapitato quattro combattenti curdi, di cui tre donne, fatti prigionieri nei combattimenti vicino alla città siriana di Kobane. La notizia è stata diffusa dall’ong Osservatorio nazionale per i diritti umani. Pare che le teste delle vittime siano state esposte nella città di Jarablus. L’ong aggiunge che le forze jihadiste continuano ad avanzare dal lato orientale verso Kobane, vicino al confine con la Turchia, e sono arrivate ormai a due o tre chilometri dalla città. Oltre 160.000 civili curdi sono fuggiti dalla città verso la Turchia dal 16 settembre scorso, quando l’Isis ha cominciato la sua offensiva. I jihadisti si sono già impadroniti di circa 70 villaggi.

L’offensiva dei combattenti curdi
Intanto prima dell’alba di martedì i peshmerga curdi hanno colpito postazioni di Isis a nord di Mosul, la seconda città irachena e la prima conquistata a giugno dagli jihadisti; contro il crocevia petrolifero di Kirkuk e contro una città sul confine siriano, ha dichiarato un comandante delle truppe curde. Un alto funzionario curdo ha aggiunto che i peshmerga sono entrati nella città di Rabia, al confine con la Siria, dopo aver strappato a Isis i villaggi di As-Saudiyah e Mahmudiyah. «Le nostre truppe di terra stanno combattendo nel centro di Rabia», a circa 100 km a nord-ovest da Mosul, aggiungendo che i peshmerga sono sostenuti nell’azione dall’artiglieria e dai raid aerei - senza specificare se Usa o delle forze di Baghdad - e stanno anche attaccando Zumar, a 60 km da Rabia, vicino il lago e la diga di Mosul, la più grande riserva d’acqua del Paese, già teatro di violenti scontri. Sia Rabia che Zumar erano state conquistate dai curdi quando a giugno Isis nella sua rapida avanzata aveva conquistato Mosul. Ma due mesi dopo gli uomini di Abu Bakr al Baghdadi, (il «califfo» di Isis) le avevano strappate ai peshmerga. Uno degli eventi che indussero gli americani, l’8 agosto scorso, ad iniziare la campagna di raid aerei. Spostandosi più a sud sempre i curdi hanno recuperato i villaggi intorno alla città di Daquq, sotto controllo di Isis dal 10 giugno. Da ultimo stanno avanzando su Al-Wahda, a 30 km da Kirkuk, la preda più ambita, ricca di giacimenti petroliferi, dove stanno incontrando una fortissima resistenza.
Villaggi allagati
Le milizie dello Stato islamico hanno allagato cinque villaggi a est di Mansuriya, nella zona orientale dell’Iraq, per impedire l’avanzata delle forze regolari irachene. Lo rivelano fonti locali, secondo cui gli jihadisti avrebbero utilizzato le acque del vicino fiume Khalis per provocare l’allagamento di villaggi e campi agricoli in un’area che si trova 45 chilometri a nord-est di Baquba. L’azione rischia di ritardare fortemente l’avanzata dell’esercito iracheno, a sostegno del quale sono schierati i miliziani della tribù Ezza.
Renzi a Washington
Sul fronte italiano dopo l’allarme lanciato lunedì dal ministro dell’Interno Angelino Alfano, il premier Matteo Renzi in un’intervista al Washington Post ha spiegato: «Siamo pronti ad assicurare qualsiasi supporto necessario» agli Stati Uniti sulla crisi in Iraq. «Per il momento le richieste sono di ordine umanitario e di supporto logistico». Rispondendo a una domanda sull’eventuale utilizzo della base di Aviano da parte degli Usa, Renzi spiega: per le incursioni aeree serve «un impegno da parte del Parlamento nella partecipazione agli attacchi in interventi militari».

http://www.corriere.it/esteri/14_settembre_30/iraq-via-offensiva-curda-contro-isis-3a6efb1c-4875-11e4-a045-76c292c97dcc.shtml

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