sabato 25 ottobre 2014

Sono un'operatrice sanitaria. Ecco cosa nessuno vi dice su ebola

Abby Norman Headshot

EBOLA

Ebola è geniale.
Si tratta di un virus superiore rispetto agli altri che si è evoluto e ha messo a punto il suo meccanismo di trasmissione per essere quasi perfetto. Ecco perché siamo tutti così terrorizzati. Sappiamo che non possiamo distruggerlo. Tutto quello che possiamo fare è cercare di schivarlo e correre più veloce di lui.
Lavoro ormai da alcuni anni nel sistema sanitario. Una delle prime cose che ho fatto è seguire la formazione e ottenere la certificazione FEMA per lavorare con i materiali pericolosi in ambito ospedaliero. Il motivo di questa scelta è che nel mio Stato, il Maine, i disastri naturali sono all'ordine del giorno. Siamo inoltre uno Stato che ha molti porti importanti in cui arrivano quotidianamente liquidi pericolosi dalle navi e attraverso i trasporti terrestri. In una parte della mia mente ero, naturalmente, consapevole che qualsiasi ospedale del mondo avrebbe potuto potenzialmente trovarsi al centro di una cosiddetta 'zona calda'. Questo è successo diversi anni fa. Oggi penso che, grazie a Dio, ho potuto effettivamente utilizzare le cose che ho imparato. Soprattutto sono consapevole di questo: che ho ricevuto una formazione specifica. Un sacco di formazione. E questo è importante perché non ci si può aspettare che un qualsiasi infermiere, medico, operatore sanitario o, persino, una persona che non lavora in ospedale possa imparare e capire le procedure di decontaminazione solo attraverso un volume o un video di 10 minuti. Questa tecniche, infatti, non solo richiedono un grande rigore mentale, ma sono anche fisicamente estenuanti.
ebola tuta protettiva
PPE, o, dispositivi di protezione individuale, è una sigla onnicomprensiva per indicare i vestiti, gli stivaletti, i guanti, i cappucci e, in molti casi, anche i respiratori indossati dalle persone che stanno entrando in una 'zona calda'. Muoversi con questi abiti diventa incredibilmente difficile. Bisogna indossare più paia di guanti, cosa che riduce a zero la nostra manualità, stessa cosa per le cappe che limitano la nostra visione - soprattutto quella periferica, e ci impediscono di vedere quello che ci sta intorno. Le tute sono calde - in maniera quasi insopportabile. Il respiratore fornisce aria pulita, ma non fresca. Queste tute sono, infatti, state create per la protezione, non per la comodità. Esse mettono alla prova anche gli organi vitali. Non è possibile indossarle per più di mezz'ora alla volta - sempre se si riesce a resistere così a lungo. Oltre questo tempo si rischia (anzi è quasi una certezza) il colpo di calore. Bisogna essere completamente idratati e calmi prima di muovere anche un solo passo nella tuta. E quando arriverà il momento di togliersela tutto il corpo sentirà l'impatto; pur avendo fatto solo qualche passo, ci si sentirà come se si fosse corsa una maratona con una temperatura esterna di 90 gradi.
Procurarsi la tuta è abbastanza facile, ma indossarla richiede un lavoro di squadra. I guanti (per la precisione ogni singolo strato di essi), sono fissati con il nastro adesivo alla tuta. Questo fornisce un ulteriore livello di protezione ma limita ulteriormente i movimenti. C'è una specifica procedura per stendere il nastro in modo che non rimanga fuori nemmeno una piccola parte e che non si formino buchi. Se non si esegue questa operazione correttamente, si finisce per creare delle aperture che, anche se molto piccole, consentono agli agenti contaminanti di penetrare e infettarci.
Se si indossa un respiratore, questo ha bisogno di essere prima testato per assicurarsi che sia in buone condizioni e che il filtro sia stato cambiato di recente in modo che faccia davvero il suo 'lavoro'. Ebola non si diffonde per via aerea. Non è come l'influenza che si trasmette attraverso le particelle contenute negli starnuti o nei colpi di tosse. Tuttavia, Ebola vive nel vomito, nella diarrea e nella saliva - e in questo modo si diffonde. Il 'getto di vomito' si chiama così per un motivo. Le particelle che si trovano nel vomito possono passare allo stato aereo quando il paziente rigurgita. E questo è il motivo per cui se le infermiere di Dallas fossero state nella stanza, quando il primo paziente, Thomas Duncan, dava di stomaco, si sarebbero facilmente infettate. Soprattutto se non avessero usato correttamente il loro equipaggiamento.
L'altra considerazione da fare è questa: La procedura di 'svestizione', cioè la rimozione dei PPE, è la parte più importante. Ed è anche il momento in cui si commettono la maggior parte degli errori. La mia ipotesi è che questo sia quello che è successo a Dallas.
Il PPE, se indossato correttamente, fa un ottimo lavoro di protezione, ma alla fine va anche tolta. Prima di iniziare, è necessario decontaminare dall'esterno il PPE. Questa è la prima fase che, di solito, viene fatta con tubi o docce mobili. Una volta avvenuto questo passaggio cruciale, la rimozione dei PPE deve avvenire in coppia. Non è possibile rimuoverlo da soli. La ragione per cui si indossano più strati di guanti è che così facendo si hanno sempre guanti sterili sotto quelli esterni di modo da potersi levare la tuta in sicurezza. La corretta procedura viene insegnato nei corsi FEMA, e prevede varie esercitazioni con un compagno fino a quando non si è in grado fi farlo bene. A questo punto si rimuove il nastro e lo si butta via. Molto lontano da noi. Quindi bisogna togliersi gli stivali - facendo attenzione che il corpo non sfiori i lati delle calzature. Ora il vostro 'partner' vi aiuterà a scivolare fuori dalla tuta, ancora una volta, senza toccare gli strati esterni. Tutto questo è molto complicato e non può essere fatto di fretta. I respiratori devono essere decontaminati, le batterie cambiate, e anche i filtri. Le cappe, una volta sterilizzate, devono essere conservate correttamente. Se le tute sono usa e getta, devono essere smaltite nel modo giusto. Se non lo sono, devono essere accuratamente decontaminate e conservati in un luogo sicuro. Esse inoltre hanno continuamente bisogno di essere controllate per verificare che non ci siano strappi, lacerazioni, fori, forature o addirittura piccole aperture praticamente invisibili che potrebbero rendere la tuta vulnerabile.
Qualcuno può dirmi se questo è accaduto a Dallas?
Presso l'ospedale in cui lavoro facciamo almeno un'esercitazione all'anno. Siamo un piccolo ospedale e, quindi, abbiamo solo un piccolo team per le emergenze. Ma poiché rivediamo continuamente i nostri protocolli, formiamo il nostro staff (attualmente su come mettere/togliere l'attrezzatura), mi sono resa conto, durante questa settimana, che tutto questo ci mette all'avanguardia rispetto ad alcuni ospedali molto più grandi e più importanti negli Stati Uniti. Ogni ospedale dovrebbe fare questo tipo di esercitazioni almeno una volta all'anno. Sentire che le infermiere di Dallas hanno riferito che non c'erano protocolli simili nel loro ospedale mi ha spezzato il cuore. Questo fatto ha rovinato le loro vite. Negli Stati Uniti si parla sempre di come il sistema sanitario commetta errori con i pazienti, ma la verità è che questa volta ha fallito anche con i suoi dipendenti. Non solo medici e infermieri, ma anche con tutti gli altri professionisti del settore. La presenza di Ebola sul suolo americano ha tirato fuori le vere vulnerabilità del sistema sanitario, e in questo caso non si tratta di assicurazioni sanitarie o altre faccende economiche. Spendiamo migliaia di miliardi di dollari per l'assistenza medica in questo paese - e tuttavia l'assegnazione di tali fondi è grossolanamente sproporzionata rispetto al modo in cui gli altri paesi distribuiscono le loro spese sanitarie. Noi non siamo concentrati sulla salute della popolazione. Ora, con Ebola che ci minaccia, la verità è saltata fuori.
La verità è che, in termini di virologia, Ebola non dovrebbe essere una minaccia per i cittadini americani. Abbiamo acqua pulita. Abbiamo informazioni. Abbiamo i mezzi per educarci, per praticare procedure di lavaggio delle mani adatte, per proteggerci con tute anticontaminazione. Gli ispettori sanitari del CDC sono stati spediti quasi subito a Dallas per identificare coloro che potrebbero essere a rischio, e che possono essere stati esposti al rischio di contaminazione. Abbiamo la tecnologia e certamente anche i soldi per tenere a bada Ebola. Quello che non abbiamo è la comunicazione. Quello che non abbiamo è un sistema sanitario che valorizzi la cura preventiva. Quello che non abbiamo è un 'campo di gioco' comune tra infermieri, medici, operatori sanitari e pazienti. Quello che non abbiamo è una cultura della salute dove si lavori in simbiosi gli uni con gli altri e con la tecnologia che è stata creata appositamente per colmare le lacune di comunicazione, ma che ha fallito in molti modi. Quello che non abbiamo è una cultura sociale della trasparenza, ciò che non abbiamo è un palliativo contro l'isteria montante e l'ipocondria, quello che non abbiamo è una nazione di individui alfabetizzati sulla salute. Noi però non abbiamo nemmeno professionisti della salute alfabetizzati. La maggior parte dei medici sono specialisti e sono esperti solo nel loro campo. Chiedete al vostro ortopedico un consiglio di carattere generale sulla vostra salute - vedrete se sarà in grado di rispondere.
L'assistenza sanitaria opera a compartimenti stagni - non possiamo isolare correttamente i nostri pazienti, ma siamo sicurissimi di saperci isolare in quanto operatori sanitari.
Mentre sta arrivando l'influenza stagionale, quel periodo dell'anno in cui ci prepariamo per le malattie invernali, i raffreddori, le influenze, i giorni di malattia, gli americani sono ora esposti a una malattia completamente diversa: la straziante verità sulla disfunzione del nostro sistema sanitario - e la prognosi non sembra buona.
Nota: In risposta ad alcune osservazioni, vorrei chiarire che possiedo il certificato FEMA di terzo livello per lavorare in ambienti ospedalieri a rischio contaminazione. Sono uno studentessa, una 'guida della salute' e una scrittrice, ma non sono un'infermiera.
Questo post blog è originariamente apparso su The Huffington Post United States ed è stato tradotto dall'inglese.

http://www.huffingtonpost.it/abby-norman/operatrice-sanitaria--ebola_b_6026996.html

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